Il ponte, questioni di stile e contenuto
Trame di bellezza, una rubrica a cura della Pastorale Sociale e del Lavoro.
di Paolo Barani
Un paio di mesi fa, in questa rubrica, ragionavamo sul fatto che per costruire ponti tra Chiesa e società occorra anzitutto allenare la nostra capacità di ascolto per fare spazio alla ricchezza altrui. Questo è il primo gradino, di disposizione d’animo, per fare emergere il bene comune, un bene relazionale che è molto di più della semplice somma dei beni dei singoli. Un bene che si sviluppa come una pasta lievitata, che è molto più della somma di farina, acqua e lievito, pur non potendo fare a meno di nessuno di essi. Occorre a questo punto fare un ulteriore passo, avanzare di un gradino per fare crescere in ognuno di noi la consapevolezza e la bellezza di ciò che, come discepoli di Cristo, possiamo e dobbiamo portare nel dibattito sulla cosa pubblica. In sintesi: con spirito propriamente laico e con modalità propositiva, occorre attingere alla ricchezza dell’insegnamento sociale della Chiesa e farne partecipe la società. Questo ambito di riflessione magisteriale è quella che forse, più di ogni altra, si presta a dialogare a tutti i livelli della società. Nessun ambito è escluso: ordine sociale, impegno politico, ambiente di lavoro, giustizia, pace, cura del creato, sviluppo integrale di ogni donna e uomo. Tutto quanto è all’ordine del giorno di chi si interessa della vita comune è il centro di interesse di questo insegnamento.
Per essere interlocutori credibili è allora venuto il momento che ci si formi specificatamente su questi temi, a partire anzitutto dalla lettura delle encicliche di papa Francesco “Laudato si’” e “Fratelli tutti”. Durante quest’anno poi, ricorrendo il sessantesimo di pubblicazione dell’enciclica di papa Giovanni XXIII “Pacem in terris”, anche questa lettura è fortemente raccomandata. Forse occorrerà vincere il timore che si tratti di testi per esperti o per pochi eletti. In questo, papa Francesco ci aiuta moltissimo e ci ha tolto anche qualche alibi. Il suo è uno stile diretto, il suo linguaggio è di immediata comprensione. Nessuna difficoltà, nessun timore. E’ venuto, per tutti, il momento di “rendere ragione della speranza che è in noi” (1 Pt 3, 14-17). Ecco quindi la seconda abilità di cui ci dobbiamo munire per la costruzione del ponte: stile propositivo e contenuti di sostanza. Una comunicazione veritiera non può fare a meno né dell’uno né degli altri: un contenuto imposto, seppur vero, non scalda i cuori, anzi li irrigidisce; d’altra parte, uno stile accogliente, ma privo di contenuti risulterebbe assolutamente inadeguato ai tempi complessi che stiamo vivendo. Su stile e contenuto tutti possiamo attivarci, rafforzando l’area dove, magari, ci sentiamo più manchevoli. Alla prossima.