Nella tua grande bontà rispondimi, o Dio
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 25 giugno 2023.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».
Commento
Il Vangelo di questa domenica torna a essere un passo del vangelo di Matteo. Si tratta di un brano inserito nel discorso missionario che occupa il capitolo 10. Dopo aver scelto i dodici Gesù li manda ad annunciare il regno di Dio e da delle indicazioni su come svolgere questo compito; annuncia per i missionari difficoltà e sofferenze che non mancheranno come non sono mancate per il maestro. Infine troviamo i versetti di oggi dove la parola chiave è «non abbiate paura». Il testo infatti è scandito da tre inviti a non avere paura. L’evangelista Matteo riunisce in questa pagina materiali tradizionali che gli altri evangelisti usano in altri contesti; dunque il significato va trovato all’interno del tema principale della missione di questa sezione evangelica. Inizia con l’invito a non avere paura degli uomini: il missionario mandato ad annunciare il vangelo potrà trovare ostacoli in uomini che pensano che stia facendo del male. Anche il messaggio del vangelo può essere radicalmente frainteso tanto da essere ritenuto dannoso.
La storia dei primi cristiani e di tutta la chiesa ci insegna che questo è successo varie volte, anzi quasi sempre nelle evangelizzazioni di nuovi popoli. Tuttavia l’invito è a fare un annuncio chiaro ed esplicito, senza tenere nascosto niente. Il versetto iniziale si riferisce a un possibile insegnamento segreto per iniziati che non doveva essere riferito a tutti. In parte ricorda la prassi di Gesù di spiegare i suoi insegnamenti più ampiamente in privato ai suoi discepoli, come troviamo spesso nei vangeli. Il senso è che nel cristianesimo non c’è nessun insegnamento segreto ma che tutto può e deve essere detto apertamente. Non avere insegnamenti segreti vuol dire non comportarsi come una setta e avere un atteggiamento aperto e trasparente verso tutti. La verità chiede di essere semplice, chiara e tutta dicibile. Il secondo «non temete» è riferito esplicitamente a quelli che possono uccidere il corpo e dunque ancora si parla dell’opposizione ai missionari che può arrivare fino al martirio. Poi Gesù dice di temere piuttosto chi può far perire nella Geenna l’anima e il corpo, cioè condannare l’uomo per l’eternità,
cioè Dio. Gesù ci insegna a temere Dio e naturalmente dobbiamo comprendere bene queste parole. Infatti, non insegna ad aver paura di Dio ma a coltivare la virtù del timor di Dio che consiste nell’abbandono fiducioso verso di Lui come leggiamo nel Magnificat «di generazione in generazione la sua misericordia su quelli che lo temono» (Lc 1,50). Poi segue una parte quasi più lirica, dove al sentimento della paura Gesù oppone la fiducia. Il timor di Dio in realtà è associato a una grande sicurezza che il Signore si prende cura di noi e che la sorte della nostra vita è in buone mani. L’immagine del passero e dei capelli del capo ci riporta allo stile di Gesù che ama le immagini concrete e ci invita a un abbandono fiducioso nelle braccia del Padre. La vita e anche la vita del cristiano può essere pericolosa ma la sfida è di fidarsi del Padre anche nel pericolo.
Infine le parole sul riconoscimento ci parlano di una questione seria, quella della testimonianza, che non è secondaria nella vita del cristiano che esiste proprio per la missione. Oggi nelle nostre terre corriamo il rischio di non testimoniare non tanto per la paura delle conseguenze ma per lo scoraggiamento di fronte a una realtà che sembra non lasciarsi scalfire da niente, anzi si chiude sempre più nelle sue durezze. Il missionario che ha in mente Gesù è un uomo che ha fatto dell’abbandono di sé nelle mani del Padre uno stile di vita stabile, che dura nel tempo e non teme i cattivi eventi della vita. È un uomo che si fida non con la testa ma con il cuore, si è perso e si è ritrovato in Cristo e per niente al mondo cambierebbe la sua condizione.
L’opera d’arte
Marc Chagall, Il profeta Geremia (1968), Parigi, Centre Pompidou. “Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori vacilleranno e non potranno prevalere”. Così si legge nella prima lettura di questa domenica, tratta dal libro del profeta Geremia, protagonista di questo dipinto di Marc Chagall. Ebreo nativo della Russia zarista, il pittore trovò la sua patria di adozione a Parigi, operando vicino alle avanguardie, pur distaccandosene con un personalissimo percorso espressivo.
Fin dalla giovinezza le radici ebraiche lo portarono a vedere nella Bibbia una fonte inesauribile di ispirazione. Fra i soggetti più cari al pittore, appunto, Geremia, qui raffigurato, alla luce della luna, come un anziano seduto al centro della tela, con la lunga barba e i piedi scalzi; la mano sinistra è appoggiata sul petto, mentre la destra regge un libro, forse le Lamentazioni, a lui attribuite. Accanto alla sua figura imponente, ma umile e devota, dai colori giallo e verde, ecco l’angelo del Signore, bianco, che lo sostiene ascoltando le sue preghiere. Come se il profeta stesse ripetendo il ritornello del Salmo di questa domenica: “Nella tua grande bontà rispondimi, o Dio”.
V.P.