Il nome di Dio è Pace
L'editoriale di Brunetto Salvarani
di Brunetto Salvarani
È significativo che, per fare memoria del decennale della beatificazione di Odoardo Focherini, la diocesi di Carpi abbia scelto di predisporre una veglia interreligiosa, interculturale e anche ecumenica. Oggi il dialogo interreligioso non è un lusso ma una necessità, abbiamo sempre più bisogno di comunità religiose che incarnino la strada difficile della non violenza, dell’ospitalità e dell’accoglienza dimostrando con scelte di vita e buone pratiche che il nome di Dio, comunque lo si invochi o lo si preghi, è PACE e che ogni guerra che trae origine dalla religione è un tradimento profondo dello spirito che anima ogni spiritualità e ogni religione.
La parola chiave della prima tappa della veglia vissuta a Fossoli è stata Compassione, la capacità di soffrire assieme all’altro. È il patrimonio migliore di tutte le religioni e le culture in cui non a caso ritroviamo sempre la regola d’oro: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. I testimoni che abbiamo incontrato nella prima (lo stesso Focherini, don Dante Sala e don Francesco Venturelli) e nelle successive tappe del percorso sono legati alla memoria del Campo di Fossoli o hanno vissuto esperienze di detenzione e persecuzione in altri luoghi e contesti. Essi ci offrono più che gesti eroici o grandi teologie la normalità di chi, se cristiano, sceglie di vivere radicalmente il Vangelo mettendosi al servizio dell’altro senza chiedersi che fede o che ideologia egli professi: nei loro volti piagati e sofferenti hanno semplicemente visto il volto di Gesù (Mt 25). Nel contempo tutti questi testimoni ci suggeriscono una domanda inquietante e ancora aperta: come è potuta accadere la persecuzione sistematica degli ebrei e degli “scartati”, come li chiama Papa Francesco, nel cuore di un continente e di paesi storicamente cristiani? C’è ampio spazio per un serio esame di coscienza, ancora oggi, se attualizziamo questa domanda e pensiamo agli “scartati” attuali.