Quando si donava un agnello al parroco
Dal fonte battesimale alla solennità della Pasqua: antiche usanze anche nella nostra Chiesa locale.
di Andrea Beltrami
Nella liturgia della Veglia pasquale una particolare rilevanza viene data al fonte battesimale nel quale si immerge il cero, segno del Cristo risorto, rigenerato con la nuova acqua lustrale. Nella liturgia preconciliare veniva spiegato che l’acqua benedetta, portata al fonte, veniva “divisa” in forma di croce ad indicare la morte e resurrezione di Gesù; una simbologia complessa e articolata prevedeva la segnatura del fonte con tre croci ad indicare che nel battesimo concorreva tutta la santissima Trinità, e ancora distribuiva l’acqua nei quattro punti cardinali a significare che la missione di Cristo era per tutto il mondo. Dunque la liturgia pasquale era, ed è tuttora, privilegiata occasione di amministrare i battesimi, tradizione che rimanda ai primi secoli della Chiesa. Nei primi tempi del cristianesimo ci si limitava a battezzare prevalentemente in acqua corrente o, in sua mancanza, comunque non dentro a bacili o contenitori. I primi battisteri infatti sorgono nel IV secolo e solo nelle adiacenze della cattedrale. Era infatti il vescovo che presiedeva alla celebrazione del battesimo e, soprattutto, era lui il ministro unico della confermazione. Generalmente si trattava di una sala con vasca, fiancheggiata da altri vani tra cui quello in cui veniva amministrata la Cresima.
Dal battistero, separato dalla chiesa, si snodava la processione dei neobattezzati verso la cattedrale per la partecipazione alla liturgia eucaristia. La pianta più comune del battistero era circolare, probabilmente come richiamo all’anastasis (luogo in cui si conserva il Santo Sepolcro), o ottagonale, come rimando all’ottavo giorno, simbolo della vita eterna scaturita dal battesimo. Simbolica era anche la discesa e la risalita dalla piscina attraverso i tre gradini, simbolo dei tre giorni trascorsi da Cristo nella tomba. Allo stesso modo diveniva simbolica l’uscita dal lato opposto a quello d’ingresso: una volta rigenerati non ha senso tornare sui propri passi.
Dopo questa breve panoramica storica, arriviamo ad una curiosità: il dono di un agnellino al parroco in occasione del primo battesimo dopo pasqua. La prima famiglia della parrocchia alla quale nasceva un figlio dopo Pasqua o che, se nato anche prima, si presumeva fosse il primo ad esser battezzato dopo il rinnovo pasquale del Fonte battesimale (Sposare il Fonte) faceva, per consuetudine, l’offerta al parroco di un capretto o un agnello, simbolo dell’Agnello sacrificato a Dio. Così succedeva che le mamme in attesa di un bambino facessero i calcoli per prevedere a chi toccasse l’onere di pagare l’animale. Si trattava di una usanza largamente diffusa in tutta Italia, che aveva provocato spesso proteste e talvolta il rifiuto da parte dei genitori di pagare questa specie di pedaggio al parroco, tanto che diversi Sinodi Diocesani, quali Perugia (1564), Osimo (1566), Rimini (1596), Urbino (1713), Parenzo (1733), Capodistria (1799), finirono per proibirla.
Anche nella nostra chiesa locale (allora dipendente dalla diocesi reggiana) questa usanza aveva la sua attuazione. Sfogliando i registri parrocchiali dei battezzati ci si imbatte proprio in una nota a margine del documento in cui viene registrato il “dono” di un agnello. A Vallalta il parroco lo annota con dovizia, così come anche a Fossoli, in data 18 aprile 1729, martedì della settimana dopo Pasqua. Il Rettore della chiesa segna a lato dell’atto. “Sposò il Battesimo [cioè venne inaugurato il fonte con il primo battesimo dopo la rigenerazione dell’acqua nella notte di Pasqua] e diede un bellissimo Agnello”. Interessante, seppure scontato, anche il nome dato alla bambina battezzata: Pasqua Francesca. Questa tradizione è andata persa nel tempo tuttavia pare interessante mettere in luce un’antica usanza che seppure anacronistica e oggi lontana ci restituisce un momento di storia e di folklore locale.