Modello laicale alto ma accessibile
Armida Barelli e il protagonismo delle donne nella chiesa
di Ilaria Vellani
Sabato 22 aprile p.v. in aula Nervi papa Francesco riceverà in udienza l’Azione Cattolica Italiana, l’Istituto Secolare della Regalità e l’Università Cattolica del Sacro Cuore in ringraziamento per la beatificazione di Armida Barelli, avvenuta il 30 aprile 2022. In preparazione all’evento e sulla figura della Beata Barelli abbiamo chiesto un approfondimento a Ilaria Vellani, docente di Filosofia morale e politica e di Filosofia della religione presso l’ISSR dell’Emilia, già presidente dell’Azione Cattolica di Carpi.
L’udienza del prossimo 22 aprile sarà l’occasione per ricordare nuovamente la figura della “Sorella Maggiore” che ha svolto un ruolo fondamentale per la storia del movimento cattolico italiano, ma non solo italiano, nel Novecento e che ha contribuito alla emancipazione delle donne, alla loro valorizzazione nella vita e nella missione della Chiesa promuovendo il protagonismo di tante giovani e donne anche sul piano civile. Più aspetti della sua biografia ne fanno una figura significativa, se non unica. Nata a fine Ottocento da una famiglia numerosa (sono sei fratelli) e benestante, compie un cammino di ricerca spirituale che la porta a entrare nel Terz’ordine francescano, sostenuta dal padre spirituale Agostino Gemelli. E’ insieme a lui che molto si adopera per la fondazione dell’Università Cattolica – dove per altro è sepolta – nel 1921. Armida riceve la richiesta nel 1919, da parte del Vescovo di Milano, di adoperarsi per la formazione delle giovani. Inizialmente rifiuta, ma poi accetta l’invito a cui seguirà l’accettazione a continuare l’opera iniziata a Milano in tutta Italia con la fondazione della Gioventù Femminile dell’Azione Cattolica. Sempre in questi anni fonda poi l’Istituto Secolare dell’Opera della Regalità.
Questi tre esempi sono solo per ricordare alcune delle più note attività svolte dalla Barelli, la quale fino alla morte – avvenuta nel 1952 – si adopera per la promozione di tutte queste realtà in modo infaticabile, con grande dedizione e generosità. Il profilo della Barelli ci restituisce un’esperienza di fede esemplare e di impegno ecclesiale che – vissuto nella normalità e ordinarietà della vita quotidiana, con tutte le fatiche che comporta – è stato un modello per tante giovani donne delle più differenti condizioni sociali, un modello alto ma accessibile. È con lei che la scelta a vivere una santità pienamente laicale anticipa in un certo senso ciò che poi il Concilio Vaticano II affermerà nella Lumen Gentium. La sua beatificazione avvenuta un anno fa e l’udienza prossima permettono quindi di rileggere questa figura, ma anche di interrogarsi sul ruolo, sul protagonismo delle donne nella chiesa e nella società di oggi, sullo stile con cui vivere la propria vocazione laicale.
Forse una cifra sintetica di questa riflessione la si può trovare nella dimensione della cura, non semplicemente come uno specifico modo femminile di stare nelle relazioni, quanto piuttosto come il richiamo che la presenza femminile porta con sé, ma che deve diventare un universale a disposizione anche del maschile. E sempre guardando ad Armida Barelli possiamo notare come lei abbia saputo prendersi cura delle moltitudini, non solo delle relazioni-corte, ma anche di quelle lunghe, con uno sguardo largo nello spazio e nel tempo. Questo sguardo è una delle eredità che ci lascia, così come la sua capacità di affidarsi al Signore che emerge in una delle sue affermazioni più conosciute: «Impossibile? Allora si farà!».