Il Signore è bontà e misericordia
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 26 marzo 2023.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, le sorelle di Lazzaro mandarono a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». (…) Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. (…) Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Marta, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. (…) Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». (…)
Commento
La resurrezione di Lazzaro è uno dei racconti più importanti del vangelo di Giovanni. Qui Gesù compie uno dei suoi segni più straordinari e mostra pienamente il suo potere di dare la vita. Inoltre precede immediatamente la passione e nella logica del racconto di Giovanni è proprio la resurrezione di Lazzaro che provoca la reazione dei giudei che decidono di far morire Gesù (subito dopo in Gv 11,46-57). Il testo si può dividere in tre parti: nella prima Gesù è con i suoi discepoli e prima di andare da Lazzaro offre alcuni insegnamenti; nella seconda incontra Marta che fa una professione di fede e poi Maria; nella terza compie il miracolo della resurrezione. Lazzaro, Marta e Maria erano tre fratelli che vivevano a Betania, un villaggio vicino a Gerusalemme, ed erano discepoli di Gesù.
Il testo ci tiene a specificare che Gesù amava questi suoi amici, facendo risuonare il «vi ho chiamato amici» dei discorsi dell’ultima cena e mostrando un vero rapporto di amicizia di Gesù fatto di un caldo legame di affetto. Questo racconto ci presenta quasi senza volere alcuni aspetti della piena umanità di Gesù che ci meravigliano e ci commuovono. Dopo aver avuto la notizia che Lazzaro è malato Gesù non parte subito per andare a trovarlo. In tutto si mostra padrone della situazione: non teme le minacce dei giudei, non si spaventa per la malattia di Lazzaro che anzi è presentata come un’occasione per dare gloria a Dio e far aumentare la fede dei discepoli. Alla fine dopo due giorni partono e arrivano a Betania quando Lazzaro è già stato sepolto e le sorelle vivono il tempo del cordoglio con parenti e amici. Marta per prima va incontro a Gesù e il loro dialogo, pieno di fede, è una delle vette teologiche del vangelo di Giovanni. Gesù dice di sé «Io sono la risurrezione e la vita» e si rivela portatore di un dono che supera anche il limite della morte. Marta risponde con una completa professione di fede: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Ecco il nucleo della fede di Pasqua, il Cristo con la sua resurrezione vince la morte e fa dilagare nel mondo una forza di vita che sana in profondità il nostro essere uomini. Poi arriva Maria e la tonalità emotiva della scena cambia. Fino ad ora il racconto non ha veramente mostrato la morte, ci sono state riflessioni sulla malattia di Lazzaro e lo stesso Gesù si è mantenuto quasi distaccato e padrone della situazione. Ma con il pianto di Maria e dei parenti fa irruzione la dura realtà del dolore per un caro che è morto. Tutti piangono nel modo tipico, un po’ enfatizzato, delle lamentazioni funebri, il dolore è agito e quasi si è immersi nell’evento della morte. Anche Gesù a questo punto rimane turbato. È difficile capire i sentimenti di Gesù. I verbi che li descrivono fanno pensare a una forte emozione con qualcosa di fisico, un turbamento profondo le cui motivazioni possono essere molteplici. Il primo verbo esprime propriamente un sentimento di commozione e irritazione, quasi che Gesù sia colpito da tutto quel dolore o forse perché indignato dal vedere tanto lamento di fronte a lui che ancora può ridare la vita.
Il secondo verbo esprime una reazione di turbamento di fronte alla morte, che sempre provoca orrore e tanto più in chi la vede come massima espressione del male dell’uomo. Poi Gesù piange, un pianto sommesso con lacrime silenziose, contagiato dal dolore per la morte dell’amico e forse pensando alla stessa sorte riservata a tutti gli uomini. Il Dio della vita si commuove per la sorte dell’uomo e capiamo quale amore e senso di condivisione muove Gesù ad andare fino in fondo nella sua missione di salvare l’umanità. Anche per noi l’esperienza della morte è angosciante, ci turba in profondità e ogni volta ci viene da ripetere «se tu fossi stato qui non sarebbe morto». Gesù ci insegna a vivere fino in fondo la cruda esperienza del distacco con il suo carico d’ineliminabile dolore ma anche di umana dignità. Ma soprattutto ci spalanca le porte della speranza nella vita eterna e nella luce della fede ci fa entrare in un mondo in cui il Dio della vita ha definitivamente vinto la morte.
L’opera d’arte
Juan de Flandes, Resurrezione di Lazzaro (1510-18), Madrid, Museo del Prado. Originario delle Fiandre, come dice il nome stesso, il pittore divenne uno dei maggiori artisti nella penisola iberica a tra il XV e il XVI, una volta entrato al servizio della regina Isabella di Castiglia. Per i “re cattolici” realizzò numerose opere, come la tela che vediamo qui a fi anco raffigurante la Resurrezione di Lazzaro. A dire il vero, la scena rappresenta il momento immediatamente successivo al miracolo, quando il defunto, di colore livido, già liberato dalle bende, esce dalla tomba e Gesù lo benedice.
Alle spalle di Lazzaro, pronta per sostenerlo a rialzarsi, è una delle sue sorelle, presumibilmente Marta, che ha un ruolo importante nel brano del Vangelo per il dialogo “teologico” con il Maestro, vestita come una dama di corte dell’epoca dell’artista. Nel frattempo, al di là dell’arco nel muro del cimitero, i Giudei osservano e confabulano fra di loro. Da notare la simbologia usata dal pittore: il muro di recinzione del cimitero, in rovina, rappresenta l’antica legge destinata a crollare, mentre l’edificio sullo sfondo, con la sua salda e robusta architettura, è immagine della nuova religione che si incarna nel Cristo.
V.P.