La pace, bussola per l’umanità
Trame di bellezza, a cura della Pastorale Sociale e del Lavoro.
Riflettere sul tema della pace all’inizio di questo nuovo anno è cosa, al contempo, ardua e necessaria. Mai come oggi essa ci appare, infatti, come un bene desiderabile e irraggiungibile, un cristallo puro e fragile. Ci aiutano in questo compito due importanti scritti: il messaggio di papa Francesco per la LVI Giornata Mondiale della Pace, celebrata lo scorso 1° gennaio, e l’enciclica di san Giovanni XXIII Pacem in Terris di cui, nel prossimo aprile, ricorrerà il sessantesimo anniversario di pubblicazione.
Cerchiamo di tracciare, in queste poche righe, alcune chiavi di lettura. Proviamo anzitutto a visualizzare nella nostra mente questa immagine: la pace al centro di una bussola i cui punti cardinali siano rappresentati dalle parole dono, impegno, cuore e relazione. Ci sembrano queste, infatti, le dinamiche da tenere sempre presenti quando si voglia riflettere sulla pace e si desideri cercare di realizzarla concretamente nella vita personale e sociale. Occorre probabilmente partire da un’amara constatazione. Ci eravamo forse ormai abituati, ingenuamente, a leggere di conflitti e guerre lontane come a una sorta di rumore di sottofondo proveniente da angoli remoti della terra, considerati poveri sul piano umano e culturale. Negli ultimi due anni il risveglio è stato decisamente brusco. Le esperienze devastanti della pandemia e del conflitto in terra ucraina ci hanno precipitato immediatamente all’interno di guerre e conflitti che ci toccano da molto vicino sul piano fisico e geografico, entrando fin dentro alle nostre case e all’interno del nostro continente.
Se riflettiamo, ci risulta quantomeno inusuale constatare come, in un mondo ormai globalizzato e privo di distanze, la vicinanza fisica conti ancora molto nella percezione del nostro vivere. Il virtuale non ha cancellato il fisico. Un virus si insinua nel nostro corpo, una guerra attanaglia il nostro continente. Il rumore di sottofondo è divenuto chiasso gridato nelle nostre case, in grado di minare quella sicurezza che la nostra civiltà occidentale ha costruito su fondamenta di sabbia. Abbiamo forse dimenticato, anche come credenti, che la pace è sempre dono e impegno, un dono che viene dall’Alto e che è rivolto ad un popolo, un impegno da realizzare insieme.
“Nessuno può salvarsi da solo”, ci ricorda papa Francesco nel messaggio sopra richiamato, quasi ad indicare che il risultato più positivo della globalizzazione è quello di aver messo in luce come tutto ciò che c’è di positivo e desiderabile per l’umanità può nascere soltanto all’interno di una relazione fraterna che coinvolga ogni essere umano e l’intero creato. Le due parole chiave del messaggio sono infatti insieme e fraternità. Rientra in questa dinamica anche la pace, dono messianico per eccellenza, basato sulla verità e la giustizia, ed impegno quotidiano per l’uomo, mai dato per scontato, che necessita di una continua costruzione e ricostruzione. Ognuno è chiamato a rispondere al dono della pace e a collaborare con i fratelli per la sua realizzazione sempre più piena.
Queste riflessioni ci portano a riscoprire l’enciclica Pacem in Terris, dove il pensiero di papa Giovanni sulla pace è ampio e articolato. Si tratta di un documento ancora utile e attuale, se consideriamo che la maggior parte degli obiettivi che il papa augura e desidera sono ancora al di là da venire. Ricordiamo qui soltanto un passaggio: la pace richiede anzitutto la necessità di disarmare i cuori e le coscienze. È lì che il seme della pace va piantato e coltivato, è del cuore e della coscienza che occorre prendersi cura prima di tutto, è lì che deve dirigersi una vera e propria educazione alla pace. Soltanto partendo da questa radice, quel seme potrà sprigionare i suoi frutti nelle nostre relazioni quotidiane per giungere al piano sociale più ampio, a quello politico, delle relazioni internazionali e degli organi sovranazionali, la cui responsabilità il papa richiama.
Occorre operare a livello educativo e istituzionale, ognuno all’interno del proprio perimetro di responsabilità. Chiudiamo ricordando quindi che la pace è sempre dono del Padre, impegno per l’uomo, dinamica del cuore, relazione con l’altro a tutti i livelli. Ricordiamo inoltre che la sua realizzazione è sempre in divenire perfettibile e mai raggiunta in modo definitivo. Il suo compimento sarà, per tutti, soltanto alla fine dei tempi. Avendo di fronte questa meta, che resta totalmente dono del Padre, operiamo al nostro meglio affinché un raggio del Regno di Dio illumini, da subito, le nostre vite e la nostra società. Prendiamoci cura di questo bene prezioso e fragile.