Il dono della pace
Riproponiamo l'ultima parte del messaggio di auguri di Natale del vescovo Castellucci, riflettendo sul significato del dono puro e disinteressato.
«Per esprimere affetto e stima ad un amico non è necessario che io gli regali il cellulare ultimo modello: basterebbe una rosa; ma se quell’amico mi aveva regalato un orologio ultimo modello, facilmente mi riterrà ingrato se gli regalo un fiore, e si offenderà. Questa “escalation” dei regali, a volte imbarazzante per chi deve tenere d’occhio le spese familiari, ha smarrito la logica del dono, della gratuità, dello stupore. Può sembrare un discorso marginale rispetto agli enormi problemi di oggi: disastri ambientali, violenze e le guerre, malattie, drammi sociali, tensioni infinite a cui tutti siamo sottoposti… Credo invece che sia un discorso centrale, perché tocca le corde più profonde, quelle che riguardano le relazioni, poste sempre davanti a questa alternativa: semplice diritto-dovere o vero e proprio dono? La pace, per fare un esempio tragicamente attuale, è frutto solo di diritti-doveri o è anche un dono?
Certo, non si può passare sopra alla giustizia strettamente intesa – che, anzi, va sempre perseguita anche a costo di incomprensioni e ferite – ma, se si vuole raggiungere una pace vera e duratura, è necessario iniettare nelle relazioni quel “di più” che interrompe le ostilità: sia a livello interpersonale, come a livello sociale e mondiale. Per questo la pace va invocata come regalo dall’alto; la pace è come il fuoco: gli uomini non possono fabbricarla, ma possono accoglierla e conservarla, a patto che siano disposti ad entrare nella logica del gratuito. Il bambino di Betlemme, re della pace, è “una festa a sorpresa”: chi lo accoglie diventa operatore di pace. Ne abbiamo davvero bisogno».