Natale, ma dove?
Riflessioni e auguri dal nostro sacerdote “fidei donum” in Canada. “Gesù è nato dove nessuno avrebbe immaginato”
don Luca Baraldi
L’altro giorno mi ha fatto pensare una frase scrittami da un’amica. In uno scambio di messaggi mi diceva che di preciso non sapeva dove fossi. E del resto come darle torto, vista la distanza che mi separa dall’Italia e la remota localizzazione delle missioni entro le quale mi muovo. Ma al di là del fatto in sé, la sua affermazione mi ha fatto pensare ad un aspetto del Natale sul quale, sino ad ora, non avevo mai portato la mia attenzione. Leggendo i cosiddetti Vangeli dell’infanzia di Luca e Matteo un aspetto non esattamente marginale della narrazione della nascita di Gesù, della manifestazione del Messia, ha a che fare con la domanda “dove?”.
Luca, ad esempio, presenta la localizzazione della nascita facendo un lungo preambolo legato al censimento di Cesare Augusto, per giungere, passo dopo passo ad indicare la mangiatoia a Betlemme di Giudea quale luogo del “dove” il Figlio dell’Altissimo, piccolo bimbo avvolto dalla madre in fasce, si fa incontrare dai pastori che, per raggiungerlo, devono lasciare le loro greggi e incamminarsi, mossi dalle indicazioni angeliche. In Matteo pare interessante la ricerca dei Magi che, chiedendo al cuore della città santa informazioni sul “dove” della nascita del Re di Israele, trovano informazioni utili ed allo stesso tempo suscitano la ferocia di coloro che, di fronte all’evento annunziato dai profeti, sentivano messa in discussione la stabilità del loro domicilio, reso tana di immobilità, abitudini, cinismo e corruzione.
Alla luce di queste semplici annotazioni mi viene da pensare che non sia possibile celebrare il Natale di Cristo, l’incontro con la rivelazione della gloria dell’Unigenito, senza lasciare che la questione del “dove” entri nel nostro cuore, ci interroghi e ci renda cercatori allo stesso tempo.
Nella prima prospettiva festeggiare la nascita di Gesù significa lasciare che la voce di Dio, così come al principio della creazione, ci raggiunga nella profondità della coscienza. Quella voce che chiese “Adamo, dove sei?”, chiede ora di trovare in noi una risposta onesta: dichiarazione di dove stiamo collocando la nostra umanità, i nostri desideri, le nostre relazioni. E mentre ci chiede un esame personale, credo, allo stesso tempo ce lo domandi come Chiesa: “dove sei?”. Senza tralasciare, allo stesso tempo, di allargare l’orizzonte anche a coloro che con noi condividono l’umanità, con le stesse parole che Caino udì “dov’è Abele, tuo fratello?”
Ma la venuta del Redentore invita anche a divenire cercatori, come i Magi, come i pastori. E perché ciò possa accadere è necessario sia a livello personale che comunitario, ecclesiale, che si smetta di raccontarsi, come probabilmente faceva Erode e la sua corte, che Dio deve venire dove siamo noi ora; che il nostro nido, la nostra casa, le nostre parrocchie, sono l’unico posto adatto in cui Egli debba rendersi presente, al limite richiedendoci qualche piccolo ritocco o maquillage per essere un po’ più domestici ed al passo con quello che la gente vuole.
Gesù non è nato a casa sua, non è nemmeno nato in una casa per la verità, né in un luogo di accoglienza tradizionale, né in qualsivoglia luogo che potesse essere dato per scontato. È nato, invece, dove nessuno avrebbe immaginato ed ha, così, chiesto che chi avrebbe voluto incontrarlo si mettesse in cammino informandosi su quel “dove” inatteso e sorprendente che rimane come scandalo e stoltezza del mondo e sapienza di Dio.
“Dove?” diviene, così, il principio che impone alla Chiesa di essere in uscita, fra le case – più che di divenire casa -. “Dove?” si fa principio missionario per smettere di accontentarsi di una religiosità rassicurante e riconoscersi fratelli e sorelle di ogni frammento di umanità in ricerca. “Dove?” assume la forza di spingere le nostre vite verso un compimento che ci trascende e trasfigura.
Anche alla fine del Vangelo, dopo che Gesù è cresciuto in sapienza età e grazia, ritornerà la domanda che era risuonata alla sua nascita. Saranno i suoi discepoli a porgergliela circa il luogo nel quale aveva deciso di consumare e compiere la sua Pasqua con loro. Ed ancora una volta al luogo inatteso e donato corrisponderà la trasmissione di un Amore e di una Presenza – nell’Eucarestia – che nessuno aveva immaginato, e che rimane, anche per noi fino al giorno del suo ritorno glorioso, fonte di vita ogni volta che ci lasciamo convocare da Essa.
“Non so nemmeno bene dove sei” mi scriveva una cara amica… e forse non lo so neppure io. Credo, però, che faccia bene, vivere il Natale con questa consapevolezza, su noi e sul Signore, così da lasciarci mettere in cammino e giungere là dove solo la fantasia di Dio può indicarci per farci provare quella gioia grande che è frutto della sua presenza.
Felice Natale.