Vieni, Signore, a salvarci
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 11 dicembre 2022.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».
Commento
Giovanni Battista è ancora al centro del vangelo di questa domenica. Giovanni era stato imprigionato da Erode Antipa nella fortezza di Macheronte, a est del Giordano e dalla sua prigionia manda i suoi discepoli a chiedere a Gesù se è davvero lui il “veniente”, annunciato dalle scritture. La domanda fa supporre che Giovanni avesse qualche dubbio; forse le azioni di Gesù e il suo messaggio erano diversi da come se le aspettava. Comprendiamo quanto fosse rilevante la domanda di Giovanni se teniamo presente che c’erano a quel tempo molte attese, anche assai diverse tra di loro, sul messia o altri personaggi portatori di salvezza. Era un tema appassionante e molto dibattuto. Dunque la figura di Gesù era esposta ed essere giudicata e interpretata in vari modi.
Anche noi possiamo imparare da Giovanni a interrogarci su Gesù approfondendo sempre di più il senso della sua missione e potremmo scoprire che la salvezza portata da Cristo supera le nostre stesse attese. Gesù non dà a Giovanni una risposta diretta ma indica ai suoi discepoli di riferire ciò che vedono e di darne una lettura secondo le scritture. Cita, infatti, Isaia 35,5-6 (la prima lettura di questa domenica), dove si profetizza di un giorno di salvezza in cui ci saranno guarigioni miracolose e aggiunge Is 61,1 con la consapevolezza di essere mandato a portare ai poveri la lieta novella. Si tratta di riferimenti biblici che Giovanni sicuramente conosceva e che delineano un messia che probabilmente era sorprendente per il Battista. Non dimentichiamo che Giovanni aveva annunciato un tempo definitivo di giudizio in cui l’ira di Dio aveva già messo mano alla scure. Capiamo allora anche la beatitudine che segue: beato chi non si scandalizza di Gesù, criticandolo perché si aspetta un messia diverso. Beato chi non si scandalizza della mitezza di Gesù, della sua via apparentemente dimessa e infine della sua morte.
I capitoli 8 e 9 del vangelo di Matteo mostrano Gesù che compie esattamente le opere previste da Isaia: guarigioni di ciechi (8,23-30), zoppi (8,3-13; 9,1-7), lebbrosi (8,1-4), sordi (8, 3234), morti che tornano in vita (9,18-26). A ben vedere le parole di Gesù non sono solo per Giovanni ma indicano anche l’autocoscienza che Gesù ha di quello che sta facendo. I miracoli di Gesù non sono prima di tutto un prodigio che supera le leggi della natura ma segni tangibili e chiaramente leggibili che il regno di Dio si è fatto vicino. Se l’umanità è risanata allora la salvezza si è resa presente. In un altro passo del vangelo di Matteo, durante una controversia sulla sua missione, Gesù dirà: «Ma, se io scaccio i demoni per mezzo dello Spirito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio» (Mt 12,28). La Chiesa di oggi non può fare a meno di compiere gli stessi gesti nel momento in cui annuncia la salvezza. Ci viene chiesto di immischiarci nelle complicate situazioni umane con la stessa passione di Gesù e di confidare che la sua forza risanante è ancora viva oggi nelle nostre comunità. Solo così saremo fedeli allo spirito della salvezza portata da Gesù.
Nella seconda parte di brano leggiamo l’elogio di Giovanni Battista. Giovanni è stato un profeta per la sua ascesi e per la sua rettitudine indefettibile ma soprattutto perché annunciava la venuta del Signore. Si cita il profeta Malachia (Ml 3,1) per confermare che era previsto che qualcuno preparasse la strada del salvatore. Giovanni è il più grande nella storia prima di Gesù, tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui perché la salvezza, che ci rende figli di Dio, ha introdotto nel mondo una straordinaria novità. Non dobbiamo mai perdere la consapevolezza della centralità del mistero di Cristo che è l’evento decisivo della storia e anche della nostra vita personale.
L’opera d’arte
Philippe de Champaigne, San Giovanni Battista nel deserto (1657 ca.), Musée des Beaux-Arts di Grenoble.
Tra i più grande maestri del ‘600 francese, pittore prima della regina Maria de Medici e del Cardinale Richelieu alla corte di Parigi poi per i giansenisti di Port-Royal, Philippe de Champaigne dipinge San Giovanni Battista secondo l’iconografia tradizionale: l’abito fatto di pelle di cammello, l’aspetto eremitico con la barba e i capelli lunghi scomposti, la croce con il cartiglio in cui si intravede la scritta “Ecce Agnus Dei, ecce Qui tollit peccatum mundi”.