L’ignoranza della storia impedisce di capire cosa fare del domani
In Punta di Spillo, una rubrica di Bruno Fasani.
27 ottobre 2022, poco più di un mese fa. In Italia si commemora la Marcia su Roma, da parte di Benito Mussolini, avvenuta cent’anni prima e che, di fatto, segna l’inizio ufficiale del regime fascista. Nelle librerie qualche buon libro e molto ciarpame. A parlarne, ma in maniera così sommessa da lasciar intendere che non gliene importava niente, solo qualche partito, pronto a tirare in ballo vecchi luoghi comuni, per distribuire, qua e là, patenti di fascista e antifascista.
Bene. A distanza di un mese, mi piacerebbe chiedere alla gente quanto ne sa di questa storia, se si è chiarita le idee, che insegnamenti ne ha ricavato… O, se volete, più semplicemente, chiedere per vedere quanti sono quelli che ne hanno sentito parlare. Domandare ai giovani se sanno di questo avvenimento, che conseguenze ha avuto per l’Italia. Presumo che la stessa indifferenza sarà riservata, nel prossimo mese di gennaio, quando si ricorderanno i novant’anni dall’avvento del nazismo.
È chiaro, volendo fare sintesi, che i problemi di fondo sono almeno due. Il primo riguarda l’informazione. A volte mi verrebbe voglia di proporre un class action, come si dice oggi, in cui si decide insieme di smettere di pagare il canone per una televisione che si ostina a chiamarsi servi-zio pubblico ma che, al pari o peggio delle Tv commerciali, sembra ridotta a Circo Barnum del XXI secolo. Per chi non lo sapesse, nell’800, il Barnum era il luogo di divertimento dove venivano esibiti i casi umani. Persone deformi, donne cannone o barbute, nani mostriciattolo e compagnia brutta. Era un insulto alla pietà umana dovuta agli sconfitti della vita.
Ora, era legittimo pensare che la civiltà avesse sepolto per sempre questa morbosità. Ma non è così. Oggi la televisione ci propone lo stesso menù, addomesticandolo nelle parole, dove il caso umano viene chiamato personaggio. Per il resto siamo ad una informazione che tira dentro lo spettatore, come in un vortice, nella più irriducibile banalità, senza sentire più il dovere di aiutare i cittadini a crescere. Se il maestro Manzi ha insegnato a scrivere agli italiani, oggi servirebbe un suo emulo per insegnarci a diventare adulti.
Ma c’è un secondo problema che ci interroga. Ed è il fatto che della storia non si interessa più nessuno. Insegnata a qualche modo nella scuola, snobbata di fatto nella coscienza collettiva. Verrebbe da dire che anche questo è un segnale di declino del cristianesimo. Già perché, da Gesù in poi, è cambiato il modo di sentire la storia. Non più in maniera ciclica in cui tutto si ripete, ma in maniera lineare, dove il peccato dell’esperienza passata, chiede di impegnarsi nel presente, per preparare un futuro migliore. Forse nessuno, più di Dante Alighieri, ha espresso questa coscienza nella sua Comedia dove, dall’inferno degli errori del passato, si passa alla purificazione del presente, per entrare nel paradiso del futuro.
Una nuova coscienza della storia fatta propria da tutte le culture e ideologie. Marx stesso, partendo dalla sofferenza delle classi più povere, chiedeva un presente di lotta, per aprire la strada al sole dell’avvenire. Così Freud con la psicanalisi, Darwin con l’evoluzione della specie. Il passato, inteso come storia, deve sempre essere tenuto presente per consentire di correggere gli errori e preparare un futuro migliore. Potremmo dire che la storia è una presa di coscienza fondamentale nell’oggi, per garantire un domani purificato dagli errori fatti precedentemente. Oggi purtroppo non è più così. Verrebbe da dire che è scomparso il passato, ma anche il futuro. Tutto è stato consegnato alla tecnica. Convinti che sarà essa a dare la soluzione a tutti problemi, senza bisogno di coinvolgere la coscienza e la saggezza umana. Ma sarà proprio così?