Al Campo di Fossoli va in scena Dostoevskij
Appuntamento domenica con “Il Grande Inquisitore”: il capitolo dei “Fratelli Karamazov” interpretato da Emidio Clementi
di Maria Silvia Cabri
Uno spettacolo inedito. Tra musica antica ed esperimenti elettroacustici un violino, un violoncello ed una chitarra elettrica seguono la voce di Emidio Clementi che recita un capitolo dei “Fratelli Karamazov”, opera ultima di Dostoevskij: il capitolo V del V libro, contenente la novella del “Grande Inquisitore”. Nel racconto si assiste alla seconda venuta di un mai nominato Gesù Cristo, che viene incarcerato e condannato a morte dal Grande Inquisitore di Siviglia. Emidio Clementi, Stefano Pilia e l’Ensemble Concordanze daranno vita al reading musicale domenica 2 ottobre, alle 18.30, all’ex Campo di concentramento di Fossoli, a Carpi. Lo spettacolo, che rientra nella rassegna “Tramonto a Fossoli”, è promosso dalla Fondazione Fossoli con il contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi e il sostegno dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna. Ingresso gratuito e prenotazione obbligatoria a info@fondazionefossoli.it
Come nasce questo spettacolo?
Il reading musicale deriva dal rapporto di amicizia che ho con Mattia Cipolli e Stefano Pilia, con i quali ho anche un stretta collaborazione. Durante la pandemia avevamo già lavorato per il Teatro comunale di Carpi mediante la lettura musicale del mio romanzo “La notte del Pratello”, via streaming; dopo quella bella esperienza, sia pure nel difficile momento che tutti stavamo vivendo, volevamo continuare a collaborare con Carpi, mediante un diverso progetto.
Così portate in scena “Il grande inquisitore”…
E’ probabilmente il capitolo più famoso di quel capolavoro di Fedor Dostoevskij che è “I fratelli Karamazov”. Sigmund Freud ha affermato che “l’episodio del Grande Inquisitore è uno dei vertici della letteratura universale, un capitolo d’una bellezza inestimabile”. Si tratta di un testo a sé stante nell’ambito del romanzo: lo abbiamo declinato in maniera differente, partendo da un unico nucleo melodico che poi si sviluppa con diverse atmosfere entro lo spettacolo. Il racconto è ambientato nella Spagna della Santa Inquisizione: dopo quindici secoli dalla morte, Cristo fa ritorno sulla terra. Acclamato dal popolo, che lo riconosce, viene però incarcerato dall’Inquisizione, e nella cella riceve la visita del Grande Inquisitore, che si rivolge a lui con un lungo discorso, senza ottenere mai risposta, tranne che alla fine.
Perché avete scelto questo capitolo?
“Il Grande Inquisitore” è uno di quei testi che parlano da soli, ha una sua unità, un capitolo di poche pagine che però rimane completo, pur collocandosi appunto entro un romanzo complesso. Come tale consente anche una diversa lettura, rimanendo però chiaro il messaggio che si vuole lanciare allo spettatore.
Com’è strutturato il reading?
Si alternano sei movimenti inframezzati da intervalli musicali. La musica caratterizza l’atmosfera, duetta con la voce narrante, ma ci sono anche momenti in cui la musica stessa è protagonista. Questi sei movimenti “danzano” entro la narrazione del testo, l’accompagnano, modulandosi a seconda che l’atmosfera sia più riflessiva o concitata. L’ambito musicale spazia tra polifonia del XVI secolo, violino e violoncello, ed esperimenti elettro-acustici.
Secondo lei quanto è attuale questo testo?
E’ attuale ora come lo sarà tra 300 o 500 anni, perché va al di là di un contesto storico. E’ un testo che affronta temi enormi quali la libertà e il suo peso, il potere, l’amore, parole che hanno fatto vacillare interi sistemi filosofici e politici. Questo capitolo va diritto al cuore dell’animo umano, dai suoi slanci di estrema generosità, capace di privarsi della propria esistenza per salvare un suo simile ma al tempo stesso dotato di un lato meschino, iniquo. Nel “Grande Inquisitore”, in quella domanda che pone a Gesù, noi tutti, in qualche modo, possiamo rivederci.
Realizzate lo spettacolo nell’ex Campo di concentramento di Fossoli: cosa vi aspettate?
Uno dei capolavori della letteratura di ogni tempo, una meditazione sulla libertà e il potere, nel luogo in cui il potere mostrò il proprio lato più nefasto. Sarà sicuramente molto suggestivo sia per gli spettatori che per noi artisti. Siamo di fronte a due drammaticità che si incontrano: penso che un testo così possa pienamente calarsi dentro un luogo qual è l’ex Campo di concentramento di Fossoli.
In generale, che rapporto c’è tra i temi trattati e i luoghi in cui sono portati in scena?
Uno spettacolo deve avere, in quanto tale, la forza di essere comunicativo ovunque venga posto in essere. Certo il luogo ha un valore anche scenico; sbagliare location è molto grave. Generalmente io non amo molto certi luoghi naturali, perché credo che per la nostra musica sia necessaria una dimensione più urbana, capace di valorizzarla. Quando ci hanno proposto di leggere Dostoevskij a Fossoli, un “contenitore” eccezionale, prima del tramonto, abbiamo accettato subito con grande entusiasmo. E anche curiosità: fino ad ora abbiamo rappresentato con le luci, all’interno, e siamo veramente desiderosi di vedere come sarà portare in scena lo spettacolo all’aperto e aspettando il tramonto. In un luogo così.