Potere e repressione della violenza
Di fronte alla violenza nei rapporti interpersonali e sociali, si fa ricorso al potere che i cittadini delegano a chi rappresenta le istituzioni destinate a difendere e promuovere il bene comune. Di fronte alla violenza, la forza del potere costituito si esprime in leggi che limitano la libertà dei singoli e in forza che reprime chi si oppone alla legalità. Anche la repressione è una forma di violenza; ma è accettata in nome del bene che deve garantire. Qui, si pone il problema della natura del potere e della sua capacità di eliminare la violenza nelle relazioni umane. Qual è la natura del potere? Qual è l’azione che esercita sulla persona?
Nel Vangelo, il potere appare come una tentazione. Il tentatore mostra all’uomo Gesù, e a ogni uomo, “tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli dice: Tutto questo darò a te, se prostrato mi adorerai” (Mt 4,8). Queste parole risuonano nel cuore dell’uomo come una degenerazione di quelle del Genesi, con le quali Dio gli affidò il compito di continuare l’opera della creazione: “… riempite la terra: soggiogatela e dominate sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente… “(Gen. 1,28). Questa tentazione ha la sua radice in un errore di fondo: la riduzione degli uomini agli altri esseri viventi e la falsa convinzione che il bisogno di affermazione e realizzazione di sé possa essere soddisfatto attraverso il possesso e il dominio sugli altri e non attraverso la comunione interpersonale e la donazione. Questo equivoco nasce da una falsa immagine di Dio e, quindi, di se stessi: allorché Dio non è visto come colui che ci chiama all’esistenza perché viviamo in comunione con Lui, ma come l’essere geloso della sua grandezza che pone limiti alla nostra sete di realizzazione. In realtà, nessun possesso potrà mai riempire il nostro vuoto esistenziale e nessun dominio potrà mai innalzarci anche di un solo centimetro.
E’ necessario riconoscere che la forza di cui l’uomo è dotato gli dà un potere sulle cose in vista dei fini che egli si propone. Questo potere e il dominio che ne consegue ha un valore per l’uomo solo nella misura in cui gli permette di raggiungere scopi che lo realizzano nella sua vera dimensione umana. Questo pone limiti precisi anche al potere
e al dominio sulle cose e sul mondo della natura in genere. L’uomo non ne è il signore assoluto: al di sopra di sé ha il Creatore, di cui trova un’impronta nella natura stessa delle cose, il cui rispetto è condizione essenziale per un loro uso efficace. Ma anche l’uso efficace dal punto di vista scientifico e tecnico risulterebbe del tutto negativo se non fosse finalizzato alla realizzazione dell’uomo, con la precisazione che l’uomo individuo non può mai realizzarsi prescindendo o a scapito dei propri simili. Quest’ultima precisazione ci fa capire perché il potere sulle cose non deve tradursi in dominio sull’uomo. La ragione è che il potere fa della realtà su cui è esercitato uno strumento, mentre l’uomo è persona e, come tale, è sempre fine, ripugnando alla sua natura ogni forma di strumentalizzazione.
Purtroppo, come abbiamo visto, l’uomo organizzato in società deve esercitare un potere anche nei confronti dell’uomo, per contenere la libertà immatura di chi vorrebbe assoggettare a sé la libertà altrui. Anche in questo caso il potere è un male; è però un male minore in quanto finalizzato ad evitarne uno maggiore. Anzi, dal punto di vista di chi lo esercita è senz’altro un bene, perché è un servizio nei confronti della società e dei più deboli. In questo caso, il potere assume il carattere di autorità; mentre nel caso contrario è un puro dominio che falsifica e distrugge la comunicazione tra le persone. Dobbiamo riconoscere che nessuna forma di oppressione e sfruttamento è accettabile. Sono forme di violenza che devono essere combattute sempre e ovunque; e questo non è possibile senza l’esercizio di un potere costituito. Però, anche questo potere, quando assume la forma repressiva, deve mantenere il rispetto della persona. Questa osservazione interessa in modo particolare le forze di polizia e chi ha responsabilità coi detenuti.