I movimenti antiabortisti in Italia
Dopo il 1978, con l’approvazione della legge 194, uno dei movimenti più importanti sorto contro l’aborto è stato il Movimento italiano per la Vita che, ancora oggi, promuove e difende il diritto alla vita e alla dignità di ogni uomo, dal concepimento fino alla morte naturale. Falliti i tentativi di abrogare la legge 194 attraverso due referendum, il Movimento iniziò ad organizzarsi a livello locale sul territorio, cercando di costruire e raggiungere obiettivi politici e sociali. Nacquero i “Centri di aiuto alla vita” e progetti da loro pensati. Cultura politica e assistenza fattiva alle donne sono sempre stati i filoni principali dell’azione del Movimento per la vita, fondato e presieduto fino al 2015 da Carlo Casini, ritenuto l’espressione dell’unità che si creò nel tempo tra politici e cristiani sempre in armonia con la Santa Sede.
Durante questi anni sì manifestarono spaccature all’interno del movimento, influenzate dalle tematiche di orientamento sessuale e da quelle inerenti alla procreazione medicalmente assistita giunte all’attenzione sociale di tutti. Le frange più oltranziste del Movimento, in alcuni casi, uscirono per fondare gruppi diversi attraverso i quali continuavano a difendere la vita ma con posizioni decisamente più nette rispetto alla sensibilità del Movimento originario: le marce per la vita, i family day, la fondazione del partito “il Popolo della famiglia”.
L’appropriazione da parte della politica partitica di concetti e valori difesi tenacemente da tutte queste espressioni sociali ha diviso l’opinione pubblica: chi vede un giusto coinvolgimento politico nelle questioni importanti e chi vede una astuta appropriazione di valori e strategie esclusivamente a fini elettorali. Qualche importante studioso propende per la linea interpretativa che vede nell’interesse politico verso i movimenti anti-gender, pro Life e pro-family un buon bacino elettorale.
Personalmente ritengo che non si cambi l’uomo dall’esterno, nel fare la voce grossa e dall’esaltazione di momenti che sembrano più sommosse popolari che momenti riflessivi. Credo che ci voglia il coraggio di una testimonianza popolare pubblica ma soprattutto occorre l’incontro personale con gli individui, il coraggio di incrociare le vite di chi ha intenzione di fare scelte contro la vita per accompagnarle verso la verità e una luce diversa. Per fare questo occorre coraggio e spesso si rimane soli ma se la solitudine è abitata dallo Spirito tutto diventa possibile.