Giustizia e onestà
Il festival della filosofia di quest’anno ha come argomento la giustizia. Desidero fare alcune considerazioni in rapporto con un suo sinonimo, oggi poco considerato: l’onestà. Intendiamo quasi sempre la giustizia come quell’atteggiamento che regola i rapporti tra le persone. Tutti sono in grado di citare la famosa definizione: “giustizia è dare a ciascuno ciò che gli è dovuto”. E si è tentati a limitare questo principio ai rapporti tra privati. E’ quella che si chiama “giustizia commutativa”. In realtà ci sono anche altre dimensioni. La dottrina sociale della Chiesa parla di giustizia sociale. E’ quella che con termine tecnico si chiama “giustizia distributiva”. Oggetto di questa giustizia sono i cittadini che, per varie ragioni, non sono stati in grado di accompagnare il progresso sociale e sono vittime di discriminazioni, soprattutto sul piano economico. Ad avere doveri nei loro confronti è la società attraverso le varie istituzioni in cui è strutturata. Possiamo parlare anche di una “giustizia legale”, ossia della giustizia che regola le relazioni dei singoli verso la società, obbligando i cittadini al rispetto delle leggi. Non mi soffermerò su nessuno di questi aspetti, tutti molto importanti, ma cercherò di mettere in luce un aspetto meno considerato.
L’origine dei diritti
Parto da una domanda: il dovere della giustizia da dove deriva? E’ imposto da una autorità esterna o deriva da qualcosa inerente al soggetto stesso? San Tommaso risponde dicendo che “la giustizia è la manifestazione di un animo retto, capace di decidersi per il bene, proprio e dell’altro. Per questo è riflesso della bontà di animo” (Sum. Theol. II-II, q. 58, a. 3). Per il cristiano, il fondamento su cui si basa il diritto ad essere rispettato, al quale corrisponde da parte di tutti il dovere di rispettare chiunque, deriva dal fatto di essere creati a immagine e somiglianza di Dio. Tutti siamo portatori di diritti che derivano dalla nostra stessa natura. È la verità creaturale che caratterizza ogni uomo, indipendentemente dalla sua condizione economica e sociale; indipendentemente dalla cultura e dal posto occupato nella società. Per il fatto di nascere, si è portatori di diritti naturali. E’ proprio questa coscienza e il vivere sempre mossi da tale coscienza, che costituisce l’onestà. La giustizia è costituita da tanti atti in cui si esprime e si esaurisce; l’onestà è quel cuore buono che non può non ispirare se non pensieri di giustizia. Questa considerazione è importante sotto due aspetti: a) la giustizia e i diritti dell’uomo non dipendono dalla discrezione di nessun legislatore umano; b) il senso di giustizia è innato in ogni uomo.
La legge naturale
Anzitutto, i diritti dell’uomo non dipendono dalla discrezione di nessun legislatore umano. In questo senso si può e si deve parlare di legge naturale. Per San Tommaso essa è partecipazione della legge eterna inscritta nell’animo umano; è una luce che consente di discernere ciò che è bene e giusto, anche senza aver ricevuto una dettagliata istruzione. Quando questo principio è dimenticato, diviene più difficile proteggere l’uomo da forme di ingiustizia sottili, ma che con il tempo si rivelano devastanti. E’ un genere d’ingiustizia che nasce proprio quando l’uomo perde ogni rapporto con la verità, non riconoscendo la sua realtà creaturale. Ne è un esempio la dittatura nazista, che aveva posto il fondamento della legge nella mera decisione della volontà: una volontà non informata dalla ragione, ma pura volontà di potenza, fine a se stessa. L’altro aspetto non meno importante è riconoscere che il senso di giustizia è innato in ogni uomo. L’uomo è creatura di Dio. Non è, come a volte si pensa, il responsabile dei mali che appaiono nell’ecosistema. L’uomo è l’essere che dà compimento alla creazione permettendo a tutto il creato di ricongiungersi in modo vero con il suo Creatore. Senza l’uomo tutto il creato diventa incomprensibile e lo stesso Dio creatore mostrerebbe un volto contraddittorio.