Mettere in dialogo le generazioni
In un Paese con sempre meno giovani tutti desiderano sembrarlo il più a lungo possibile, finendo per togliere spazio a chi lo è per davvero. Il tema è all’attenzione del Tavolo Giovani di Carpi
di Alessandro Cattini
ph Siciliani Gennari – SIR
Domenica 24 luglio la Chiesa ha celebrato la II Giornata mondiale dei nonni e degli anziani. Nel messaggio diffuso per l’occasione, il Papa osserva che «da una parte siamo tentati di esorcizzare la vecchiaia nascondendo le rughe e facendo finta di essere sempre giovani, dall’altra sembra che [in vecchiaia, ndr] non si possa far altro che vivere in maniera disillusa rassegnati a non avere più “frutti da portare”».
Colpisce quanto questa riflessione combaci con i risultati di un’indagine statistica pubblicata a giugno 2022 nel XIV Rapporto sulla sicurezza e l’insicurezza sociale in Italia e in Europa realizzato da Demos & Pi e Fondazione Unipolis. Il secondo capitolo del report, dedicato a un’analisi dei rapporti fra le generazioni, mostra infatti che in Italia esiste una marcata tendenza a «spingere sempre più in là la soglia della vecchiaia», esprimendo un rifiuto sempre verso questa età della vita.
Quando finisce la giovinezza?
Intervistando persone provenienti da cinque diversi Paesi europei (Italia, Germania, Francia, Regno Unito e Polonia) i ricercatori hanno posto loro due domande: «Fino a quando si è giovani?» e «Quando inizia la vecchiaia?».
La media delle risposte alla prima domanda raccolte nei cinque Paesi è 40 anni, con il Regno Unito che segna precocemente il limite della giovinezza sulla linea dei 30 anni. L’Italia invece si distingue per la ragione opposta: nel nostro Paese ci si sente giovani in media fino a 51 anni, mentre l’inizio della vecchiaia è collocato a 74, con alcune comprensibili oscillazioni dovute all’età dei rispondenti (fig. 2.1. Fonte: “La gioventù: una generazione in(de)finita”. Rapporto sulla sicurezza e l’insicurezza sociale in Italia e in Europa).