Un modo diverso di fare antimafia
Giulia Toschi, referente provinciale Libera, racconta i progetti dall’associazione con particolare riferimento al ruolo delle donne
di Maria Silvia Cabri
Martedì 19 luglio ricorreva il 30° anniversario della strage di via d’Amelio in cui persero la vita per mano della mafia il giudice Paolo Borsellino e i cinque poliziotti della sua scorta. Nella stessa serata è stato organizzato a Quartirolo, nell’ambito della 49ª Sagra, un incontro dedicato alla commemorazione della strage, alla presenza di Libera Terre d’Argine Peppe Tizian. Giulia Tosti, 26 anni, referente provinciale di Libera, ha ripercorso le varie fasi del processo Aemilia e illustrato il progetto “Liberi di Scegliere” che mira a tutelare le donne che hanno deciso di infrangere codici millenari fondati sulla violenza, sulla minaccia e il rispetto timoroso di un ruolo subordinato e allontanarsi con i loro figli dalle famiglie mafiose. Per una nuova vita libera.
Donne e mafia: qual è il rapporto?
Un rapporto complesso, legato al duplice (e molto diverso) ruolo che può avere la figura femminile. Da tradizione, la donna svolge un ruolo di educatrice dei figli, anzi di “indottrinatrice” in quanto a sua volta fin da piccola subisce la sottomissione a quelli che sono i “principi” della famiglia come l’omertà, la violenza, il senso di vendetta. Una volta cresciuta, viene usata anche quale merce di scambio: ad esempio per riappacificare una faide tra due famiglie le giovani vengono date in sposa ai rampolli di un altro clan. Una doppia violenza di genere.