Non è solo questione di genere
Ho consultato un dizionario degli anni settanta e la parola femminicidio non l’ho trovata. Certamente il fenomeno esisteva anche allora, ma non si riteneva meritasse un nome specifico. Se pensiamo che fino a non molto tempo fa si parlava di “delitto d’onore”, dobbiamo riconoscere i progressi che sono stati fatti sul piano culturale. Tuttavia, come spesso accade anche per altre cose, c’è la tendenza a soffermarsi alla superfi cie del fenomeno, registrandone l’esistenza per condannarlo, senza indagarne le cause più profonde. Da parte mia, vorrei indicarne una che è anche alla radice di altri atteggiamenti riprovevoli: la forza, intesa come un potere che attribuisce il diritto di dominare su un altro.
La forza di cui l’uomo è dotato fa parte del suo essere e gli conferisce un potere sulle cose in vista dei fini che si propone. Questo potere, e il dominio che ne consegue, ha un valore per l’uomo nella misura in cui gli permette di raggiungere scopi che lo realizzano nella sua vera dimensione umana. La forza, quindi, ha un grande valore. Può essere di vario tipo: fisica, giuridica o morale. Quando, però, è esercitata su altre persone allo scopo di sottometterle, è all’origine di molti mali. Può essere quella di un uomo forte che impone “rispetto” o paura; può essere quella di un’autorità costituita che minaccia in nome della legge che ritiene di rappresentare; può essere l’uomo colto che inganna un ignorante ecc. In questo caso, essa conferisce un potere che assume la forma di un dominio e distrugge i veri rapporti umani. Nell’uomo, l’equilibrio tra forza e direzione che deve avere, tra energia e misura, fra impulso e ordine, è profondamente sconvolto. Romano Guardini osserva: “Grande è il pericolo di confondere la forza con la violenza, l’iniziativa con la sovranità, il comando con l’asservimento, la giustizia obiettiva con l’interesse, l’azione autentica, vasta e duratura, con il successo…”(Romano Guardini, La fine dell’epoca moderna, Il potere. Morcelliana, 1999, p.178).
Il potere, per essere esercitato in modo positivo, esige alcune virtù fondamentali. Secondo Romano Guardini, esige, anzitutto, libertà interiore: “la libertà dal potere suggestionante della propaganda, della stampa, della televisione; la libertà dalla sete del potere, dalla sua ebbrezza e dal suo carattere demoniaco che agisce fin nell’intimo dello spirito. Questa libertà può essere raggiunta solo attraverso una vera educazione, interiore ed esteriore. (…). E comporta un’ascetica (…) che insegni all’uomo a divenire signore di sé, superandosi e rinunciando a sé stesso, per divenire così anche signore della propria potenza” (Ibid. p.190). Purtroppo, questa libertà interiore molte volte non esiste. Può, allora, verificarsi un’altra situazione esistenziale molto pericolosa: una frustrazione diffi cile da sopportare. In questo caso, l’uomo soffre la tentazione di ricorrere all’unico potere di cui dispone, la forza fisica e ede cide di scaricarla sulla persona, o sulle persone, che ritiene responsabili dei suoi mali e che sono più deboli di lui.
In questo senso dicevo, all’inizio, che non è soltanto questione di genere. La donna è spesso vittima dell’uomo per il fatto di essere più debole. Come lo è il bambino. Come lo è un dipendente nel lavoro. Come lo è il disabile ecc. Purtroppo, come diceva qualcuno, si trova sempre uno sul quale scaricare le proprie insoddisfazioni. Questa conclusione può suggerire molte considerazioni, soprattutto in campo educativo. Mi limito a una che spesso è valutata in modo superficiale: il bullismo. Non lo si può considerare una forma di ragazzata innocente. E’ un comportamento che deve essere corretto. Il contadino direbbe che se l’albero non è raddrizzato finché è piccolo, poi non lo si raddrizza più.