«Pace a voi!»
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 24 aprile 2022
Dal Vangelo secondo Giovanni
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Commento
Ascoltiamo nel vangelo di questa domenica uno dei racconti di apparizione più famosi. Gli apostoli sono ancora chiusi in casa per la paura e Gesù si rende presente in mezzo a loro. Il saluto di Gesù è «pace a voi» e lo ripeterà varie volte nel brano.
Gli ebrei erano soliti salutarsi scambiandosi la pace ma nei brani delle apparizioni la pace, “shalom”, è molto più che un saluto. Gesù non si limita ad augurare la pace ma la dona come aveva detto durante l’ultima cena: «vi lascio la pace, vi do la mia pace» (Gv 14,27). La sua pace è totalità di verità, giustizia e amore, frutto di una piena comunione con Dio. San Paolo dirà che Gesù «è la nostra pace» (Efesini 2,14). Ciò che noi cerchiamo per noi stessi, per la nostra famiglia, per il mondo è racchiuso nella pace che il risorto ci vuole donare.
Sentire il saluto ripetuto di Gesù ci rincuora e ci incoraggia a sperare che i fallimenti e le fatiche nelle relazioni non siano un destino insuperabile. Sappiamo quale grande sfida sia per il mondo di oggi continuare a credere nella pace e muoversi a costruirla. Scopriamo nel vangelo di oggi che la pace è dono di Dio e che dunque qualsiasi tentativo di costruirla è immerso nella Grazia che viene dall’Alto, azione contemporaneamente umana e divina; ricordiamo che Gesù proclamò beati gli operatori di pace, forse proprio perché, come figli di Dio, vivono dei suoi doni. I cristiani vivono di questa pace, la sperimentano e la fanno sperimentare agli altri diventando così concreti annunciatori del Risorto.
La tragica consapevolezza del nostro tempo che la guerra è ancora una realtà in tante zone del mondo e una concreta opzione nella mente di tanti uomini, ci costringe a riconsiderare le parole di Gesù. L’annuncio della pace è solo una illusoria consolazione domenicale o può dar vita ad un cristianesimo profetico e coraggioso che ancora non abbiamo visto?
Il racconto continua con il famoso episodio di Tommaso che nella sua singolarità ci può aiutare a capire cosa vuol dire riconoscere Gesù risorto. L’esperienza degli apostoli non si limita a verificare l’evento miracoloso che qualcuno che era morto ora vive, ma è molto più complessa e ricca. Prima di tutto implica la memoria di ciò che Gesù ha detto e fatto, in particolare della sua passione. Le ferite aperte che Tommaso vuole vedere sono la garanzia che chi appare è identico al crocifisso, è lo stesso che è morto per amore. Poi notiamo una grande intimità: Gesù si rivolge direttamente a Tommaso dimostrando di conoscere le sue perplessità.
Ciò che convince l’apostolo, ciò che smuove il suo cuore non è solo la testimonianza delle ferite ma molto di più il sentirsi conosciuto e preso in considerazione dalla cura amorosa del Risorto: in questo essere conosciuto scopre una continuità con il Gesù vivente. Allo stesso modo Maria Maddalena la mattina di Pasqua riconosce Gesù quando Lui la chiama per nome. L’incontro vitale con Gesù risorto inizia quando torna a essere praticabile una relazione viva con Lui.
Gesù si fa riconoscere da noi rivelandoci di conoscerci e di fatto questa è l’esperienza della fede: conoscere Colui che ci conosce. Comprendiamo allora le ultime parole del brano: questi segni «sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome».
Apparizione: le apparizioni del Risorto sono descritte nei testi più antichi con forme del verbo “vedere”, in particolare apparve, si fece vedere (in greco ophthe) e mantengono un’ineliminabile componente visuale, cioè non possono mai essere ridotte a un’esperienza solo mentale. Così San Paolo scrive che Cristo «apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta» (1Cor 15, 5-6).
Pace: in ebraico shalom, in greco eirene. Pace è una parola fondamentale della teologia biblica. Il suo significato è molto ricco e complesso e indica di base un’idea di completezza. Pace indica armonia di rapporti con Dio, con gli uomini e anche con la natura, unitamente a benessere materiale e spirituale. La pace è dono di Dio e in particolare è legata alla figura del messia; è uno dei temi fondamentali della predicazione di Gesù ed è definitivamente donata agli uomini dal Signore risorto.