Intervista a Sammy Basso
CulturalMente, di Francesco Natale
ph Valter Turchi – Gruppo fotografico Grandangolo Carpi
È il 2014 quando Sammy Basso, un ragazzo affetto da una malattia genetica rara chiamata progeria, intraprende con un suo amico e con una troupe di National Geographic un viaggio in America che lo farà diventare conosciutissimo.
La serie prodotta da National Geographic viene vista da una marea di persone che in poco tempo si affezionano sempre più al giovane Sammy. Il viaggio diviene un libro nel 2015, edito da Rizzoli, intitolato “Il viaggio di Sammy”. La sua storia pochi giorni fa è passata anche sotto l’attenzione del Times che ha raccontato dell’impegno attivo di Sammy nella ricerca. Per questo nuovo “pezzo” di CulturalMente ho avuto l’onore di intervistare (per la seconda volta) il protagonista di questa avventura.
Come nasce il libro “Il viaggio di Sammy”?
Nasce dal viaggio vero e proprio del 2014 negli Stati Uniti che ho fatto con un mio amico e una troupe di National Geographic. Ovviamente è stato un viaggio importantissimo. Abbiamo attraversato gli USA da Est a Ovest, dal Michigan a Chicago fino alla California. Di questo viaggio è stato fatto un docufilm in cui lo si raccontava. C’è stata anche l’occasione per parlare della mia vita e della progeria. Questo docufilm è stato molto visto su Sky e da qui ho deciso di scrivere un libro che parlasse di questa mia avventura.
E quindi sei diventato conosciutissimo…
Quel viaggio è stato un bel trampolino, son finito sul palco di Sanremo un anno dopo.
Quella di comunicare la progeria per te è una vera e propria missione. Ma come mai ti sei dato questo incarico?
Questa è una bella domanda. Più che una scelta è una cosa che “è arrivata”. I miei genitori mi parlavano di progeria fin da bambino. La mia malattia è una cosa che ho sempre saputo, però vedevo che si parlava di tantissime malattie, ma mai della progeria. Ho chiesto il motivo per il quale non si parlasse mai di progeria ai miei genitori e loro hanno risposto fondando l’Associazione Italiana Progeria Sammy Basso. Poi mi sono laureato nel campo biologico. La progeria non è stata più una cosa che ho fatto scoprire soltanto da paziente, ma anche come studioso.
Tu in più interviste hai dichiarato che la fede in Dio è stata molto importante per te. Come mai?
Perché [la fede, n.d.r.] è quello che sono ed è la base per la mia vita. Per me la fede è molto importante non solo in quanto ancora di salvezza, per me la fede è una direzione, una cosa su cui focalizzarmi. La mia fede va oltre ogni cosa descrivibile.
Ma tu non te la sei mai presa con Dio per aver avuto la progeria?
Non reputo mai la progeria come un castigo. Io la reputo una cosa promessa da Dio che nonostante tutto ha un senso. La progeria si può combattere, ci stiamo impegnando per trovare una cura. La progeria fa parte della mia vita. Ma non credo che sia una condanna. Per me la progeria è una cosa permessa da Dio e quindi se Lui l’ha permessa c’è una ragione. Durante le difficoltà ho detto a Dio “dove cavolo sei?”, ma quando sono arrabbiato e non capisco il perché di certe cose mi rispondo che sono un essere umano ed ho una mente limitata. A volte mi rivolgo a Dio in maniera pretenziosa, ma so che in quello che Lui fa un senso c’è.
Info: Associazione Italiana Progeria Sammy Basso www.progeriaitalia.org