Trovare il senso della Pasqua oltre i confini delle abitudini per liberarci dalle schiavitù
ph Siciliani Gennari – SIR
La Pasqua, fuori dai perimetri angusti in cui talvolta viene confinata dalle nostre tradizioni e dalle nostre chiacchiere, è il sempre dell’amore di Dio che viene in soccorso alle sue creature. Sempre è l’eterno di Dio, dove l’eterno non è ieri o domani, ma proprio perché è sempre, è l’adesso, il qui, in questo momento. Mentre l’eco del mondo sembra consegnarci rassegnati al pessimismo per il trionfo di Caino, la fede ci fa sentire invece l’eco delle parole di Gesù che sta per morire: Padre perdonali. Parole prontamente accolte e ratificate da un flusso di vita, là dove la morte voleva imporre per sempre il suo linguaggio.
Questo è quello che ci racconta la fede ed è una lettura che sembra fare a pugni con la ragione, ma è pur sempre l’unica strada per lasciare fare a Dio il suo mestiere, che è quello di amarci a dispetto dei nostri demeriti. Mi diceva un amico: in questi giorni, la cronaca ci ricorda come i potenti sono straordinariamente bravi ad armarsi e a seminare morte in giro per il mondo, a differenza di Gesù, che per dare la vita agli altri, ha sacrificato la propria.
Riflessione importante per un mondo che sembra aver girato le spalle a tutto ciò che sa di Dio, convinto che il segreto della felicità sia racchiuso nella bisaccia degli uomini. A Bordeaux, in Francia c’è una piccola cappella, che si chiama Magdala, per i giovani «per i quali vivere è duro». Si va lì, in silenzio, per imparare a sentirsi amati ed imparare ad amare. Gratuitamente. Senza calcolo.
La Pasqua non è peraltro solo una fonte di speranza. È, in contemporanea, un’assunzione di responsabilità. Guardando a Gesù, che per amore, fiorisce la coscienza della nostra comune responsabilità di battezzati, chiamati ad annunciare questo amore con la vita. Che non è prima di tutto una cultura di stampo parrocchiale, fatta di gruppi, di riunioni, di riti… ma più semplicemente un testimoniare la possibilità di raccontare il Vangelo con i piccoli gesti della quotidianità. Penso che sia questa la frontiera sulla quale il Signore ci aspetta per una nuova evangelizzazione.
Il futuro di Dio ci domanda solo di mostrare al mondo come è bello e possibile vivere da cristiani. Questo ci aiuta anche a capire che la Chiesa non è il fine, ma il mezzo, con cui la buona notizia dell’amore di Dio vuol farsi strada nella storia. Sant’Agostino, nel commento al Salmo 99, esprime un pensiero che potremmo scolpire sulle nostre porte e nelle nostre coscienze come programma di vita. Dice: “Servum te faciat caritas, quia liberum te veritas fecit”, l’amore ti renda servo, perché la verità ti ha fatto libero. La verità di Gesù, che ci rende liberi, non è una verità fatta di insegnamenti, di principi morali… È lui la verità, è il suo modo di vivere, quel suo camminare in continuo tra la gente, seminando profumo di compassione e di umanità. La verità che rende liberi.
Penso a come reagirebbe un gruppo di giovani intervistati per chiedere quali siano le loro schiavitù. Chi di noi si sente schiavo oggi? Il fatto è che siamo tutti convinti di essere riusciti ad emanciparci da ogni forma di autorità che ci imbriglia, sia essa quella dei genitori, o dei preti, insegnanti, politici… Beatamente illusi, purtroppo, perché quelli che ci governano si sono moltiplicati all’infinito. Solo che lo fanno in maniera più astuta e felpata.
È il politicamente corretto per cui bisogna pensarla in un certo modo se si vuol stare nel giro giusto. È il potere del mercato, che ci dice cosa comprare, mangiare e vestire. È il potere mediatico, che ci dice dove andare e dove sta il segreto del successo. È il potere delle nostre psicologie piene di ferite, che regalano fatiche a chi ci sta intorno… Buona Pasqua, allora. Come buongiorno di novità e di libertà.