Accostarsi al povero con il cuore
Nel tempo di Quaresima le riflessioni dei Fratelli di San Francesco in sintonia con il cammino sinodale.
di Fra Giuseppe, Fratelli di San Francesco
Dar da mangiare agli affamati, Romano Pelloni
Quando un bene scarseggia, il valore sale sempre di più, perché tutti lo cercano e molti sono disposti a spendere oltre il dovuto, come -al contrarioquando un bene abbonda, il valore diminuisce, perché chi lo vende è disposto ad abbassare i prezzi, pur di guadagnare qualcosa; sappiamo che è una semplice legge di mercato. Al di fuori di questo esempio, nel campo della comunicazione ci sono due beni immateriali che sono il parlare e l’ascoltare; si trovano molte persone disposte a parlare e poche persone capaci di ascoltare, per questo l’ascolto è prezioso.
Ascoltare non è questione di udito, ma di apertura di cuore, di pazienza, di disponibilità di tempo, per entrare nella logica dell’altro, così il porgere l’orecchio diventa calore umano che accoglie, benevolenza che comprende, predilezione che crea fiducia, partecipazione che infonde stima. Certo, occorre voler ascoltare, come diceva un parroco in un’omelia, “bisogna farsi venire i calli alle orecchie”.
Proviamo soffermarci a considerare l’ascolto dei poveri con le situazioni problematiche che angustiano la loro vita, a volte in modo mortificante. Accostarsi a questi fratelli significa avere la fortezza interiore per non farli cadere nella sfiducia e nella disperazione, nell’isolamento e nella rabbia contro tutti, sentendosi vittime di ingiustizie ed emarginazioni. Chi ascolta necessita di un supporto spirituale, di una vita cristiana intensa, per non essere un semplice operatore che offre consigli legati solo al buon senso o solo a determinate regole, ma per essere una persona che accoglie l’altro anche come fosse Gesù, in quanto sappiamo che nei bisognosi, negli ultimi, è sempre presente il Signore che chiede aiuto.
Non essendo il caso di addentrarsi ora in considerazioni riguardanti le categorie di poveri da aiutare di più o di poveri che non sono tali e andrebbero smascherati, è bene valutare il rapporto personale con loro. A volte di fronte a certe situazioni descritte da chi vive una indigenza pesante, ci si trova senza risposta, si è incapaci di trovare una soluzione anche parziale, non c’è una assistenza sufficiente da dare per risollevare l’interlocutore. Ma quando l’ascolto è prestato di vero cuore, volendo il bene dell’altro, porta con sé una risorsa molto importante: il povero si sente umanamente sorretto dalla solidarietà sincera, la quale -pur non fornendo aiuto materiale specifico per quel caso- condivide la condizione di sofferenza, rinnovando fiducia e speranza nel soggetto privo di beni.
Stare a sentire con attenzione crea condivisione dei problemi, che quindi pesano un po’ meno su chi li deve portare tutti i giorni, inoltre alimenta una stretta relazione che va in soccorso a chi è solo o a chi soffre di scarsi rapporti umani.
L’ascolto perseverante prestato a chi vive nella ristrettezza di beni materiali, rivela sempre più il contesto in cui viene circoscritto e relegato il povero: un complesso di circostanze sociali e di altro genere che spesso rischiano di impoverire chi già dispone di scarsi mezzi di sussistenza.
Dando retta al povero con la capacità di sentire e condividere le sue vicende, si genera il camminare insieme, anche quando ci sono molte diversità che distinguono e rischiano di dividere chi ascolta e chi è ascoltato. C’è una condizione che unisce più delle altre: tutti siamo pellegrini su questa terra, in ricerca permanente di Dio. Senza l’esclusione di nessuno, riuniti insieme vogliamo essere solidali e sinodali, nel “convegno” che ci vede riuniti come figli del Padre Celeste.
Concludendo, come ci ha ricordato papa Francesco, è bene parlare con franchezza e ascoltare con umiltà, per trovare quella concordia che è sempre da costruire con un dialogo conciliante.
Pace e bene