Il decennale di Ho Avuto Sete e l’attualità che ci sconvolge
I rischi nascosti di una sporca guerra.
di Piero Badaloni
In molti sono rimasti sconcertati quando chiudendo il vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dell’Unione europea, a Versailles, il presidente francese Macron, si è detto preoccupato per i contraccolpi negativi in Africa oltre che nei 27 paesi dell’Unione, delle sanzioni decise contro la Russia, per la sua invasione dell’Ucraina. Cosa c’entra l’Africa?, si saranno chiesti. Sicuramente non hanno fatto fatica a capire e a condividere questa preoccupazione, i volontari delle varie organizzazioni (come oggi vanno definite le ONG) impegnate in quel continente a sostenere in vario modo le popolazioni dei tanti Stati in difficoltà. E tra queste organizzazioni, una delle più attive è “Ho avuto sete”, che arriva al traguardo dei dieci anni di attività con un grande bagaglio di esperienza sul campo, in alcuni dei paesi più a rischio della fascia subsahariana, dove maggiore è il bisogno di aiuto.
Per noi occidentali, abituati a un livello di benessere diffuso, si tratta di essere pronti a fare un piccolo temporaneo passo indietro, come ha annunciato il presidente americano Biden. Per gli africani invece, ha sottolineato il presidente francese Macron, i contraccolpi delle sanzioni sul piano economico e sociale saranno micidiali. La domanda inespressa ma ben presente dietro le preoccupazioni del presidente di turno dell’Unione europea, è se i 27 paesi dell’Unione e gli Stati Uniti saranno sempre disposti a mantenere gli impegni presi all’ONU nel 2015 e fissati nella cosiddetta agenda 2030, di ridurre entro quell’anno le tante disuguaglianze fra nord e sud del mondo, nonostante i sacrifici e i disagi cui andranno incontro a causa della guerra di Putin, che lui insiste a definire solo come una operazione militare speciale.
Tra gli obiettivi fissati nell’agenda 2030, uno dei più importanti prevede un accesso equo e universale all’acqua potabile. Bisogna sapere che secondo l’ultimo rapporto dell’ONU sulla distribuzione dell’acqua, attualmente il 20 per cento della popolazione mondiale utilizza da sola l’80 per cento delle risorse idriche dell’intero pianeta. La quantità di persone che ne soffrono le conseguenze è impressionante: – sono 2 miliardi coloro che attingono a fonti di acqua potabile contaminate; – 1 miliardo e 600 milioni coloro che hanno a che fare con una scarsità d’acqua “economica”: sarebbe cioè fisicamente disponibile, però mancano le infrastrutture per farla arrivare a chi ne ha bisogno. Ma il dato che colpisce di più nel rapporto dell’ONU, riguarda i bambini che muoiono per malattie legate alla scarsità di acqua pulita e di servizi igienici: sono mille al giorno.
Gli Stati, nell’agenda 2030, si sono presi quattro impegni: – ridurre in modo sostanzioso il numero di chi soffre carenza idrica; – aumentare la cooperazione internazionale in programmi legati all’acqua; – rafforzare la partecipazione delle comunità locali alla gestione idrica; – proteggere e risanare gli ecosistemi legati all’acqua; Torniamo alla domanda da cui siamo partiti: riusciranno, anzi vorranno gli Stati del nord industrializzato rispettare quegli impegni presi nel 2015 o la guerra dell’ultimo zar della Russia e i disagi che ne stanno derivando per la popolazione di questi Stati saranno un comodo alibi per defilarsi?