Parla, il tuo servo ti ascolta!
Nel tempo di Quaresima le riflessioni dei Fratelli di San Francesco in sintonia con il cammino sinodale.
Fra Antonio, Fratelli di San Francesco San Martino Secchia
Guercino, San Francesco che adora il Crocifisso (1645), Bologna, San Giovanni in Monte
All’inizio di ogni Quaresima la Chiesa, attraverso le parole del Signore che ci dice “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc1,15), invita ogni cristiano a riprendere con rinnovato impegno il cammino di fede a partire dal rimettersi in ascolto della parola di Dio. Come infatti è dalla Parola, dal suo ascolto e dall’adesione di fede ad essa, che nasce la vita cristiana così è dalla Parola che essa viene nutrita e rigenerata ogni giorno.
Non è necessario allora dire tanto altro per capire come questo compito non sia relegabile solo a un periodo forte dell’anno liturgico, ma dovrebbe riguardare la quotidianità della vita di ogni battezzato. Esistono due presupposti fondamentali per un autentico ascolto della Parola di Dio. Il primo è che essa “va accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio” (1Ts2,13). Il secondo presupposto è la consapevolezza che quando lo Spirito che è in noi (grazie al battesimo) incontra la Parola (il cui autore ultimo è il medesimo Spirito), accade sempre qualcosa, come quando un batacchio sbatte contro la sua campana.
L’ascolto della Parola, infatti, non è semplicemente un esercizio intellettuale, ma, grazie alla fede, è un vero e proprio incontro con Dio. Non basta allora ascoltarla con le orecchie e nemmeno elaborarla nella nostra testa, ma essa deve scendere nel cuore dove, attraverso le nostre scelte e le nostre decisioni, si trasforma in vita.
E davanti ad essa non chiediamoci subito “Che cosa devo fare?”, ma prima di tutto: “Che cosa Dio ha fatto e sta facendo per me?”. E non limitiamoci a trovare il messaggio del brano, ma cerchiamo di capire anche in che cosa consista la buona novella, perché esso sia una bella notizia per la mia vita. Infine, se vogliamo che la parola di Dio sia efficace in noi, bisogna rinunciare a difendersi da essa, ma lasciarsi ferire, mettendo da parte le nostre aspettative, il nostro modo di pensare, per dire con fede: “Parla Signore, il tuo servo ti ascolta!” (1Sam3,10).
Non dobbiamo temere di lasciarci scomodare, ammonire, richiamare dalla Parola, non meno di quanto desideriamo essere consolati, incoraggiati, confortati da essa. Solo così il seme della Parola raggiungerà il terreno fertile del nostro cuore, dove secondo i tempi e i modi di ciascuno e la volontà di Dio, germinerà, crescerà e porterà frutto secondo la promessa che Dio stesso ha fatto a noi attraverso il profeta Isaia: la mia Parola “non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55,11).
Questo San Francesco l’aveva capito bene, lui che era un vero e proprio innamorato della parola di Dio, del Vangelo dal quale si faceva interrogare per la sua vita, che amava interrogare prima di prendere decisioni importanti, che prese per sé e per i suoi frati come unica norma di vita: “La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo” (FF75).
Ecco perché per noi frati è essenziale dedicare ampio tempo della nostra giornata all’ascolto e alla meditazione della parola di Dio, educando anche coloro che si rivolgono a noi, a trovare in essa nutrimento per la loro fede, luce per il proprio cammino, risposte ai grandi interrogavi che la vita pone, e domande capaci di aprire davanti a loro orizzonti nuovi, più ampi e pieni di Speranza.