Dialogo e comunicazione
Il dialogo può assumere molte forme. La prima, e la più semplice, è quella tra persone presenti l’una all’altra, che possono guardarsi negli occhi e ascoltarsi fisicamente: in famiglia, tra amici, in piccoli gruppi, o in altre circostanze particolari. In questo caso, il rispetto reciproco e la volontà di comprendersi sono fondamentali. Poi c’è il dialogo che può stabilirsi tra un individuo e l’opinione pubblica o l’informazione sempre più massiva. In questo caso, il dialogo si svolge nell’animo della persona. E qui il rischio è quello di limitarsi a un ascolto passivo, mentre sarebbe indispensabile un atteggiamento critico che porta a discutere il valore e la verità di quello che si ascolta.
Nel tempo sono sorte altre forme di comunicazione e di dialogo. La scrittura, prima, e poi i tanti mezzi di comunicazione inventati dall’uomo, hanno permesso di registrare il pensiero e con questo hanno reso possibile una forma di dialogo che supera il tempo e lo spazio. In questo senso, san Tommaso è stato un modello di dialogo perché ha saputo dialogare con tutti i grandi pensatori che lo hanno preceduto. Papa Francesco, nel suo messaggio per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2022, parla del dialogo necessario anche a questo livello, insistendo soprattutto sulla necessità dell’ascolto da parte dei comunicatori. Le parole del Papa sono chiarissime. Hanno solo bisogno di essere accolte e meditate. Trascrivo alcuni paragrafi centrali.
“Per offrire un’informazione solida, equilibrata e completa è necessario aver ascoltato a lungo. Per raccontare un evento o descrivere una realtà in un reportage è essenziale aver saputo ascoltare, disposti anche a cambiare idea, a modificare le proprie ipotesi di partenza. Solo se si esce dal monologo, infatti, si può giungere a quella concordanza di voci che è garanzia di una vera comunicazione. Ascoltare più fonti, “non fermarsi alla prima osteria” – come insegnano gli esperti del mestiere – assicura affidabilità e serietà alle informazioni che trasmettiamo. Ascoltare più voci, ascoltarsi, anche nella Chiesa, tra fratelli e sorelle, ci permette di esercitare l’arte del discernimento, che appare sempre come la capacità di orientarsi in una sinfonia di voci”.
“La mancanza di ascolto, che sperimentiamo tante volte nella vita quotidiana, appare purtroppo evidente anche nella vita pubblica, dove, invece di ascoltarsi, spesso “ci si parla addosso”. Questo è sintomo del fatto che, più che la verità e il bene, si cerca il consenso; più che all’ascolto, si è attenti all’audience. La buona comunicazione, invece, non cerca di fare colpo sul pubblico con la battuta ad effetto, con lo scopo di ridicolizzare l’interlocutore, ma presta attenzione alle ragioni dell’altro e cerca di far cogliere la complessità della realtà.
È triste quando, anche nella Chiesa, si formano schieramenti ideologici; l’ascolto scompare e lascia il posto a sterili contrapposizioni. In realtà, in molti dialoghi noi non comunichiamo affatto. Stiamo semplicemente aspettando che l’altro finisca di parlare per imporre il nostro punto di vista”.
“Gesù chiama i suoi discepoli a verificare la qualità del loro ascolto. «Fate attenzione dunque a come ascoltate » (Lc 8,18): così li esorta dopo aver raccontato la parabola del seminatore, lasciando intendere che non basta ascoltare, bisogna farlo bene. Solo chi accoglie la Parola con il cuore “bello e buono” e la custodisce fedelmente porta frutti di vita e di salvezza (cfr Lc 8,15). Solo facendo attenzione a chi ascoltiamo, a cosa ascoltiamo, a come ascoltiamo, possiamo crescere nell’arte di comunicare, il cui centro non è una teoria o una tecnica, ma la capacità del cuore che rende possibile la prossimità.”
Mi limito a sottolineare che il dialogo attraverso i mezzi di comunicazione esige alcune condizioni fondamentali: il riferimento costante alla realtà di cui si parla e la necessità di svincolare quello che si dice da qualsiasi altro interesse che non sia la verità delle cose.