Simone Cristicchi a Carpi con il suo spettacolo teatrale sul dramma dei profughi istriani
Riempire silenzio e solitudine con Esodo.
di Giacomo Sforzi
Il dramma degli esuli ma anche alcune riflessioni interessanti. È questo il quadro che emerge dall’incontro con il cantautore ed autore teatrale Simone Cristicchi al termine della doppia esibizione al Teatro Comunale di Carpi, avvenuta la sera di giovedì 10 febbraio per la cittadinanza ed il mattino seguente per le scuole.
Il successo a Sanremo 2007 ha lasciato gradualmente spazio ad un autore che da alcuni anni a questa parte ha trovato nel teatro un “pubblico selezionato”, trascorrendo un periodo dal 2017 al 2020 come direttore del Teatro Stabile d’Abruzzo. Un percorso, quello teatrale, da sempre presente nella natura artistica di Cristicchi, e che dal 2013 si è concentrato sul dramma dell’esodo istriano prima con l’uscita di “Magazzino 18” e successivamente con “Esodo”.
Quest’ultima è una rappresentazione teatrale che entra nel profondo, con una grande capacità di coinvolgere lo spettatore e catapultarlo nelle situazioni drammatiche dell’esodo istriano, ripercorrendo passo dopo passo gli avvenimenti che fin dalla Prima Guerra Mondiale forgiarono l’odio jugoslavo verso quegli italiani delle terre contese tra Italia e Jugoslavia.
Dalle diserzioni dei soldati istriani nella Grande Guerra al clima violento instauratosi con il fascismo, peggiorato dai successivi crimini di guerra italiani. Un odio che si tradusse in un profondo risentimento di sloveni e croati verso gli italiani, ormai visti anche da Tito come ostacoli al sogno realizzare un’unica grande nazione slava. Un disprezzo testimoniato dalle misteriose sparizioni e dalla violenza delle foibe, che in seguito portò migliaia di persone che temevano per la propria sorte ad abbandonare quei territori cercando rifugio in Italia.
Da dove nasce l’idea di realizzare “Esodo” e quanto è importante trattare una pagina drammatica di storia mai troppo approfondita?
L’idea di realizzare queÈ sto spettacolo nasce proprio da un senso di vuoto e di ignoranza su un argomento storicamente poco trattato come l’esodo giuliano dalmata, che io in prima persona ho voluto approfondire.