San Marino: gettando le reti con fiducia
Il Vescovo ha presieduto la Messa del Patrono San Biagio. La vita di una parrocchia nei limiti imposti dal covid e dagli spazi.
di Rosa Coppola
Da sempre attesa e sentita, la festa del Patrono San Biagio è stata celebrata dalla parrocchia di San Marino domenica 6 febbraio, al Santuario della Madonna dei Ponticelli, con la liturgia presieduta dal Vescovo Erio Castellucci e concelebrata dal parroco, don Marek Konieczny. Una cerimonia semplice ma commossa e partecipata in cui fede e tradizione, con il rito della benedizione della gola, hanno riunito in preghiera i fedeli.
Nella sua omelia “don Erio”, facendo riferimento al Vangelo del giorno, ha sottolineato come basti cambiare una lettera perché quei discepoli, chiamati a gettare le proprie reti, da peccatori potessero divenire “pescatori”. Così ci ha esortato ad avere fiducia in Gesù ma anche in noi stessi perché il Signore non si ferma al presente ma sa guardare al futuro e in ciascuno di noi sa riconoscere quei talenti che, forse, non sappiamo neppure di avere.
Con semplici parole la comunità di San Marino ha ringraziato il Vescovo per la sua presenza e per essere salito sulla loro “piccola barca”, rivolgendosi a lui in tono confidenziale, come ci si rivolge al buon padre di famiglia. Come accade in famiglia, non sono mancate le richieste di conforto per una comunità che ha accolto il Vescovo con le ansie, i dolori, e le incertezze di un contesto sociale in cui si fatica a vedere una luce e che, ispirandosi al Vangelo, ha imparato che “la vita non è aspettare che passi la tempesta ma imparare a ballare sotto alla pioggia”.
Abbiamo festeggiato il nostro Patrono in una casa che non è la sua perché da diversi anni la statua di San Biagio è stata messa in canonica in attesa che la chiesa venga ricostruita. Sembrano così lontani i giorni in cui, in occasione di questa festività, ci potevamo permettere di invitare per la liturgia i sacerdoti e gli abitanti delle comunità limitrofe e raccomandare la partecipazione ai nostri ragazzi. Feste in cui si organizzavamo pranzi comunitari e ci si poteva salutare con una stretta di mano o con un abbraccio senza la paura del “contagio”, mentre domenica scorsa la preoccupazione più grande era il timore di essere in troppi!