La scienza è umile
Platone e Aristotele, con il loro pensiero filosofico, ci aiutano a capire come deve essere impostata ed eseguita la ricerca scientifica. Per Platone, la conoscenza delle cose che l’uomo può affrontare è solo parziale, è come un’ombra e i sensi sono gli strumenti limitati che danno informazioni limitate, se non ingannevoli, della realtà. Con l’”allegoria della caverna” Platone dimostra che la percezione umana del mondo è circoscritta e che le cose che riteniamo vere non sono altro che ombre delle cose che esistono veramente nel regno ideale delle Forme.
Il filosofo, infatti, credeva che la conoscenza delle Forme fosse innata, in altre parole, riteneva che quello che conosciamo e già presente in noi da quando nasciamo. Questo modello è assai lontano dall’idea di scienza e del metodo scientifico di oggi ma credo sia utile per ragionare sulla nebulosità della conoscenza, o meglio, renderci sempre conto che quello che apprendiamo è solamente una piccola parte della realtà. Ciò è importante per fare dello scienziato una persona umile, egli può conoscere ciò che può conoscere e questo non è il tutto.
Aristotele si avvicina molto di più al metodo scientifico galileiano attraverso la sua idea empirista. Egli non riusciva ad accettare l’idea di un mondo separato da Forme ideali introiettate nel cervello umano. Per lui l’uomo non conosce perché possiede concetti innati ma conosce attraverso i sensi. Raccogliere informazioni sul mondo attraverso i sensi e successivamente attribuire un significato a questi oggetti è il procedere corretto e umano.
Niente Forme preconcette ma tabula rasa: alla nascita la nostra mente assomiglia a un foglio bianco, sta a noi scrivere ciò che percepiamo. Questo metodo aristotelico è estremamente più vicino al modo di procedere odierno della scienza e anche questo ci aiuta a capire come una ricerca deve attenersi con scrupolosità esclusivamente ai dati forniti dagli strumenti utilizzati.
La rigorosità scientifica esclude ogni forma di soggettivismo (se non in rari momenti) e anche qui riconduce ad una umiltà di fondo da parte del ricercatore. Questi, non è un libero battitore, un solista che padroneggia l’orchestra, un poeta con licenza di cambiare le regole della grammatica ma un uomo che si attiene alla realtà dei fatti, né di più né di meno. La scienza, allora, nel suo procedere, deve essere umile, virtù imprescindibile per cercare un pezzo della verità sulle cose che ci circondano.