«Beati voi»
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 13 febbraio 2022
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone. Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: “Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. (…)”.
Commento
In questa domenica iniziamo a leggere il capitolo 6 (dal versetto 17) del vangelo di Luca che ci accompagnerà fino all’inizio della quaresima.
I primi versetti del capitolo raccontano dapprima due controversie sul sabato e in seguito la chiamata dei dodici, su una montagna, dopo un momento di preghiera. Poi i discepoli e il maestro scendono e incontrano nella pianura folle di persone provenienti da ogni dove. Allora Gesù con grande solennità inizia un discorso che si protrarrà fino alla fine del capitolo.
È l’equivalente del discorso della montagna di Matteo, anche se molto più breve, ma in sostanza sintetizza il messaggio di Gesù. Il testo di oggi ci presenta le beatitudini e viene spontaneo il confronto con quelle di Matteo che conosciamo meglio.
Alcune differenze sono evidenti. In Luca le beatitudini sono quattro e sono rispecchiate da quattro “guai” che creano un’antitesi. La formula «guai a …» è quasi il contrario di una beatitudine e vari testi della Bibbia mostrano l’uso letterario di questa antitesi: «beati quelli che…», «guai invece a quelli che…».
Normalmente si dice che le beatitudini in Luca sono più concrete. Dalla prima notiamo che sono beati i poveri, e non i poveri in spirito come specifica Matteo. I poveri sono davvero coloro che sono in difficoltà materiali, che vivono ai margini, la categoria non viene spiritualizzata. Così il guai riferito ai ricchi accentua la tematica della concreta povertà.
La seconda e la terza beatitudine vedono l’introduzione di un avverbio “ora” che istituisce un prima e dopo: tra l’oggi della fame e del pianto e il futuro dell’intervento di Dio che porterà sazietà e gioia. Emergono chiaramente alcuni temi cari a Luca. Uno è l’attenzione per la vita dei poveri. L’altro e il capovolgimento della storia per azione di Dio, tema che troviamo ad esempio anche nel magnificat. Certo il vangelo di oggi non è il discorso di un uomo religioso, saggio e sensibile alla condizione dei poveri, non è solo questo. L’uso della parola beati con la sua densità spirituale orienta la nostra lettura in tutt’altra direzione.
Le beatitudini di Luca sono ancora più scomode di quelle di Matteo, perché non si possono facilmente rileggere come rimandi ad un’interiorità devota. Esse non ci invitano certo a lodare la povertà e in fondo neanche a demonizzare la ricchezza. Luca è scandalizzato dalla povertà dei poveri, tanto che è l’unico che riporta il racconto del povero Lazzaro, ma contemporaneamente dichiara beati i poveri. Ecco una posizione tipicamente cristiana, trovare la beatitudine in una realtà che è assolutamente da cambiare.
Condensare una complessità di piani in un discorso sapienziale, sintetico e un po’ criptico, tutto sommato non pretenzioso nell’analisi, che fonda la sua possibilità su uno sguardo sulla realtà non ordinario. Uno sguardo che tiene insieme, un punto di vista profondo che, accogliendo la concretezza dello stile di Luca, sarebbe riduttivo definire sbrigativamente spirituale.
Non c’è una spiritualizzazione facile che disincarna l’uomo e lo fa pensare ad altro per trovare sopportabile la sua condizione; c’è invece un incontrare la carne e la storia con il coraggio di non voltare lo sguardo da un’altra parte, accettando l’angoscia che suscita l’opacità dell’ordinario fino a cogliere lì, nell’”ora” di chi ha fame, un luogo che è già ospitale di salvezza. La vita non avverrà quando tutto sarà risolto, anche se un giorno lo sarà, ma c’è già adesso un modo di stare nelle cose dell’esistenza che è vita piena, salvezza.
Beatitudine non è la promessa di una patinata felicità, non è il sinonimo di un ritrovato che non faccia sentire il dolore e l’angoscia. Le beatitudini sono l’annuncio che esiste per gli uomini una via percorribile per stare nel mondo in modo vitale.
Il resto del discorso mostrerà in altri ambiti dell’esperienza umana cosa vuol dire saper stare nella vita in questo modo. C’è qui qualcosa di divino, per fare questo ci vuole l’aiuto di un dio che sappia cosa è un uomo. Anzi è la prospettiva, il punto di vista di un dio che si è fatto uomo.
Saziati: il verbo «essere saziato», in greco chortazo, sarà usato ancora da Luca nella moltiplicazione dei pani (9,17) e nella parabola di Lazzaro (16,21).
Guai: troviamo i guai in particolare nella letteratura profetica dove si riferisce a disgrazie descritte o auspicate. Si veda ad esempio Is 5,8-22. Non sfugga la forte provocazione del «guai a voi ricchi», pronunciato a fronte di tutte le forme di religiosità che ritengono ricchezza e benessere un segno della benedizione di Dio.