Adolescenti: ascoltiamoli e regaliamo loro cose belle
Gli effetti della pandemia sugli adolescenti e l’alleanza educativa
di Irene Ciambezi
La pandemia ha segregato i più giovani in casa suscitando in loro da una parte un senso di impotenza e dall’altra un desiderio smodato di trovare uno sfogo. Ma troppo spesso sono stati additati per questi poli opposti amplificati da due anni di Covid, come depressi da un lato e aggressivi dall’altro. In Italia, un’indagine condotta da marzo a maggio 2020 ha stimato che il 24% dei giovani tra i 16 e i 24 anni ha presentato sintomi di depressione, quasi il doppio degli adulti dai 25 anni in su (13%).
La fotografia che emerge dall’Indagine sugli stili di vita degli adolescenti che vivono in Italia 2021, realizzata da Laboratorio Adolescenza e Istituto di ricerca IARD su un campione di 10.500 studenti tra i 13 e i 19 anni, sottolinea che le loro abitudini sono “sballate”. Il 76,5% di adolescenti non spegne il cellulare neanche di notte, il 78,1% inizia ad usare lo smartphone già prima degli 11 anni. Il social che usano sempre più spesso è TikTok, che per legge dovrebbe essere utilizzato solo dopo i 13 anni. Oltre il 90% usa pure Instagram e Whatsapp resta in pratica universale. Altra abitudine malsana che risulta dall’indagine è la riduzione drastica dell’attività motoria e l’aumento del consumo di cibo on demand. Aspetto che ha portato anche ad una insoddisfazione verso se stessi e in particolare le ragazze a non piacersi. Per tutti questi fattori, gli esperti raccomandano supporti psicologici più accessibili, in primis nelle scuole.
Ciononostante poco si parla delle energie che hanno speso per sostenere i propri genitori, per affiancare i propri nonni e non lasciarli più soli, per assistere i fratelli più piccoli, per far compagnia a distanza ai propri coetanei chiusi in quarantena. Ricordo una ragazzina di 14 anni durante un incontro in una scuola più di un mese fa. Raccontava come avesse imparato a segnare sul diario gli episodi più belli che le accadevano intorno per non farsi scoraggiare dalla tristezza, dalle paure e dalle incertezze del futuro. «Scrivere è un modo per sentirsi meno appesantiti dalle tante cose da gestire in casa».
E tornano alla mente le parole di stima verso gli adolescenti del Vescovo Erio in occasione del Natale e in attesa del messaggio alla città di Modena per la festa di San Geminiano che sarà dedicato ai giovani. “È incredibile che molti di loro, pur avendo patito due anni di relazioni bloccate, abbiano la forza interiore di sentirsi custodi degli anziani. Sono provati, ma non prostrati; feriti, ma non moribondi – ha ricordato Mons. Castellucci. Sono loro che potranno a poco a poco ricostruire il mondo delle relazioni, portando sulle spalle gli adulti…
Non possiamo, certo, chiudere gli occhi sui disagi adolescenziali, che si esprimono anche nel fenomeno delle ‘bande’ e dei gesti di teppismo; ma sarebbe un grave errore fare di ogni erba un fascio e considerare gli adolescenti un problema, perché in realtà sono una risorsa. Spesso ci chiediamo come riuscire a parlare a loro. È tempo che rovesciamo la prospettiva e ci chiediamo come riuscire ad ascoltarli”.
Allora forse la riflessione più astuta sugli adolescenti non è tanto e solo sui loro stili di vita peggiorati e su come si siano attaccati ai social per sopperire alla mancanza a fasi alterne di amicizie e attenzioni. Ma sta nella domanda più profonda da porre a noi stessi. «E noi adulti dove siamo? ». Presi dal conteggio dei contagi, dalle acrobazie familiari tra smart working e turni da coprire per i colleghi assenti e bollette aumentate vertiginosamente forse troppe volte abbiamo trascurato quegli alti e bassi dell’umore, quelle richieste di aiuto nei musi lunghi che i figli adolescenti esprimono quando meno te lo aspetti.
Dove siamo noi adulti? Genitori, insegnanti, sacerdoti, educatori? Quell’alleanza educativa che abbiamo cercato di costruire per anni l’abbiamo forse scordata? Non cediamo alla tentazione di lasciarci schiacciare dal Covid-19 relegando alla Playstation e agli smartphone quella compagnia affettiva e creativa che siamo solo noi genitori ed adulti significativi a poter regalare. Riavviciniamoci in punta di piedi alle loro camere, ai luoghi che frequentano, ai pub, ai cinema. Valorizziamo gli oratori e reinventiamo luoghi di crescita umana e cristiana. Sproniamoli ad andare a suonare ad un amico e a riabitare gli spazi aperti. Inventiamo costanti spazi e tempi per il dialogo e il dibattito anche a scuola, che oggi più che mai deve essere una palestra di vita e non un’arena in cui vince chi prende il voto migliore. Incontriamoli! E ascoltiamoli sì! nelle tante domande di senso che hanno nel cuore.
E perché no, fermiamoci a pregare con loro per le persone per cui vivono più apprensione. E infine come suggeriva la studentessa di prima, regaliamoci vicendevolmente qualche ora alla settimana per raccontarci solo cose belle. Un allenamento al buon umore e all’amore per la vita che può essere una strategia vincente per iniziare a cambiare rotta.