«Tu hai tenuto da parte il vino buono finora»
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 16 Gennaio 2022
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Commento
In questa prima domenica del tempo ordinario ascoltiamo il brano delle nozze di Cana, dal vangelo di Giovanni. Si tratta di un brano non facile: la vicenda è semplice ma più lo si legge più ci si rende conto di dover approfondire per capirne davvero il significato.
Apparentemente è un miracolo facile e di grande effetto, trasformare acqua in vino durante una festa, e Gesù lo compie quasi contro voglia spinto dalla richiesta fiduciosa di sua madre. A ben vedere però c’è molto più di questo, ma bisogna riconoscere e decifrare la simbologia del racconto che tra l’altro è presente solo nel vangelo di Giovanni.
L’ambientazione è una festa di nozze alla quale sono invitati Maria, Gesù e i discepoli: sono questi i personaggi fondamentali, degli sposi quasi non si parla. Già qui abbiamo il primo simbolo. Il matrimonio, le nozze: il rapporto di copia è uno dei grandi simboli profetici del rapporto tra Dio e il suo popolo, l’alleanza tra Dio e il popolo è come il rapporto di amore tra uno sposo e una sposa. Il vero sposo dunque è Gesù che prepara il banchetto di nozze per inaugurare la nuova alleanza tre Dio e il suo popolo. Gesù è lo sposo che offre il vino buono per fare festa. Il vino e segno della festa e dell’abbondanza messianica.
La mancanza di vino segnala la povertà dell’antica alleanza, di una realtà ormai arrivata alla stanchezza, come una festa senza vino. Gesù trasforma l’acqua della purificazione, che serviva per le abluzioni tradizionali della religione giudaica, in un vino capace di portare la gioia. La quantità è enorme, valutata in circa seicento litri e la sovrabbondanza dei vini è caratteristica dei tempi messianici. Dunque, Gesù è capace di trasformare la stanchezza della religione tradizionale in un nuovo rapporto vitale, una nuova alleanza.
Le nozze di Cana ci parlano della possibilità di rinnovare la nostra vita. Anche la nostra fede può essere stanca, segnata da dubbi e fatiche che si accumulano nel tempo. La nostra stessa vita attraversa periodi in cui sembra non ci sia più vino, cioè che ogni entusiasmo ci abbia abbandonato e tutto sembra vuoto e povero. Gesù rivela di essere capace di rinnovare la nostra vita, di portare una gioia vera e abbondante, senza tuttavia negare le difficoltà del vivere umano. Il riferimento all’ora, «non è ancora giunta la mia ora», ci ricorda che la gioia portata dal Messia non è disgiunta dalla sua morte in croce.
La ricchezza di questo brano si presta ad una lettura di tipo psicanalitico, un modo di interpretare il vangelo delicato e difficile ma previsto dal documento L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa della Pontificia Commissione Biblica. Proviamo a darne un saggio seguendo un testo della psicoanalista francese Francoise Dolto, I Vangeli alla luce della psicoanalisi. Ci concentreremo su una parte del testo che è sempre un po’ sconcertante, cioè il dialogo iniziale tra Maria e Gesù.
Maria sollecita Gesù facendo notare che è finito il vino. Gesù risponde in un modo che a noi, in qualsiasi traduzione possibile, sembra sgarbato; in ogni caso è chiaro il suo rifiuto a intervenire. Allora Maria, con una logica che non capiamo, ordina in modo perentorio ai servi: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. La Dolto suggerisce che Maria, da vera madre, ha una profonda intuizione sul figlio. Maria «ha capito che, esprimendosi così (con un rifiuto), Gesù oppone una resistenza, perché nascere alla vita pubblica lo angoscia.
Gesù è infatti un uomo e l’uomo conosce l’angoscia quando si trova di fronte ad atti importanti che impegnano il suo destino e la sua responsabilità… Maria, invece, sa che è la sua ora, proprio come una madre sente che sta per partorire » (pag. 34). Maria sa che Gesù è pronto, capisce la qualità del suo diniego che in realtà non è un rifiuto, e con grande saldezza fa procedere l’azione. Come ha messo al mondo Gesù ora lo partorisce alla sua missione. Conclude Francoise Dolto: «È forse in quel momento, alle nozze di Cana, che Maria è diventata madre di Dio». (pag. 37).
Nozze: il tema delle nozze è importante in tutta la Bibbia a partire dall’esperienza fondamentale dell’esodo e dell’alleanza. Esprime il rapporto d’amore tra Dio-sposo e la comunità presentata come la sua sposa. Il tema ha avuto grande diffusione nella letteratura profetica (cf. Os 2,16-25; Is 54,4-5; Is 62,4-5; Ger 2,2). Nel Nuovo Testamento esprime il rapporto tra Gesù, lo sposo, e la comunità dei discepoli.
Vino: nella Bibbia ha un grande valore simbolico in particolare in riferimento alla terra promessa e alla felicità per la venuta del Messia. All’epoca del Nuovo Testamento era opinione diffusa che il tempo messianico sarebbe stato allietato da grande abbondanza di vino. L’insegnamento di Gesù perciò è come il vino nuovo (cf. Mc 2,18-22).