Benché sia notte si compie la promessa
Verso il Natale con le riflessioni delle Carmelitane Scalze di Piacenza: luce e tenebre nell’esperienza di San Giovanni della Croce.
Carmelitane Scalze Piacenza
Durante l’Avvento ci accompagneranno ogni domenica le Carmelitane Scalze di Piacenza con un approfondimento dedicato a questo tempo liturgico letto secondo la spiritualità del Carmelo, giardino rigoglioso in cui sono fioriti, per citarne solo alcuni, Santa Teresa di Gesù (d’Avila), San Giovanni della Croce, Santa Teresa di Gesù Bambino (di Lisieux), Santa Elisabetta della Trinità e Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein). Ringraziamo la priora, Madre Maria Francesca, e le consorelle per aver accettato, con entusiasmo e spirito di servizio, di collaborare con Notizie.
“Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d’Israele e alla casa di Giuda” (Ger 33,14). È con queste parole che si aprono le letture della liturgia dell’Avvento di quest’anno. Parole che annunciano il compimento di una promessa di bene proprio mentre il profeta Geremia si trova di fronte ad un popolo deportato dai Babilonesi, il cui Tempio è stato distrutto. Tutto è crollato: passato, presente e futuro; non si vede via di scampo. Lì, quando tutte le sicurez- e i punti di riferimento vengono meno, Geremia intravvede, intuisce lo spazio propizio per il compimento delle promesse del Signore.
Allo stesso modo, nel Vangelo di questa domenica, Gesù sembra esprimere la medesima sensibilità: “Quando cominceranno ad accadere queste cose [segni nel sole, nella luna e nelle stelle…angoscia di popoli in ansia per il fragore dei mari e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa]” proprio lì, proprio in quel momento “risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. (Lc 21,28). Perché? Che senso può avere? Perché deve essere una situazione di fatica, di crollo, di ansia lo spazio per il compimento delle promesse del Signore, il tempo della liberazione?
Nella spiritualità carmelitana e, in particolare, negli scritti di San Giovanni della Croce, è centrale la categoria della notte. Giovanni, poeta e mistico spagnolo del 1500 che con Teresa d’Avila rifondò l’Ordine del Carmelo, arriva addirittura a scrivere che “Dio è notte oscura per l’anima finché questa rimane nel mondo”. Cosa signifi ca? Questa affermazione appare, a prima vista, in netto contrasto con quanto leggiamo nella prima Lettera di Giovanni: “Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna.” (1Gv 1,5) e Gesù stesso nel Vangelo afferma: “Io sono la luce” (Gv 8,12). In realtà Giovanni della Croce sta dicendo esattamente questo: proprio perché Dio è luce “avvicinandoti a Lui, il tuo occhio fiacco deve necessariamente essere colpito dalle tenebre”. Per questo motivo Dio
è sperimentato come notte: c’è bisogno di un cammino perché i nostri occhi possano accogliere e riconoscere una luce così grande e nuova. L’incontro con Dio è descritto come incontro con un Altro, un’alterità, Qualcuno di non conosciuto, di non richiudibile nel già saputo: non si può incontrare Dio senza mettersi in cammino. Questo narra il Vangelo: finché le nostre “luci”, le nostre imze magini di Dio e del mondo sono la nostra sicurezza, il nostro assoluto, non potremo permetterci di incontrare quel Dio che sempre ci sorprende. Per questo: benedetto quel giorno in cui finalmente crolleranno, dice Gesù, perché allora la vostra liberazione è vicina!
L’Avvento, d’altra parte, ci dice proprio questo: Dio viene a salvarci affidandosi al grembo e al sì di una giovane donna in un paesino di una piccola provincia alla periferia dell’Impero di Roma. Chi poteva riconoscerlo? Chi poteva immaginarlo? E, comunque, come avrebbe fatto a salvare il mondo a partire da così in basso, da una posizione così marginale? Rischia di morire ancora prima di nascere nel lungo viaggio che Maria e Giuseppe devono compiere per il censimento: come potrà salvare noi, lui che non è capace di salvare se stesso (cfr. Mt 27,42)? Notte oscura. E non una volta per tutte, perché è un Dio vivo e non smetterà di sorprenderci. E così, proprio così, chiamandoci sempre oltre, raggiungendoci dove non avremmo mai pensato, parlandoci dalle nostre ferite e dal nostro peccato, compirà le sue promesse di bene. Così ci consolerà, così ci renderà a nostra volta vivi e liberi. E così questa notte diventerà la guida sicura, ci dice ancora Giovanni, che ci condurrà oltre i nostri confi ni allargando lo spazio del nostro “giorno”.