I poveri li avete sempre con voi
Il Papa invita a un approccio ispirato alla condivisione.
di Suor Maria Bottura, Direttrice Caritas Diocesana
Nel messaggio per la V Giornata mondiale dei poveri, che si celebra domenica 14 novembre, Papa Francesco si sofferma sul legame che c’è tra i poveri, Gesù e l’annuncio del Vangelo. Il titolo del documento, “I poveri li avete sempre con voi” (Mc 14,7), prende le mosse dall’episodio del Vangelo di Marco in cui una donna cosparge il capo di Gesù con del profumo molto prezioso suscitando la reazione di Giuda: “Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?”. A lui Gesù risponde affermando appunto che “i poveri li avete sempre con voi”.
Davanti ai discepoli scandalizzati per lo spreco rappresentato dal profumo, egli afferma che il primo povero a cui dover porre tutta l’attenzione dovuta è proprio lui. Egli è il primo povero, il più povero tra i poveri perché li rappresenta tutti. Il volto di Dio che ci rivela “è quello di un Padre per i poveri e vicino ai poveri”, perché la povertà è “segno concreto della sua presenza in mezzo a noi” (n.2).
Con questo messaggio Papa Francesco ci provoca quindi a tenere fisso lo sguardo su Gesù per scoprire che in lui e nelle sue parole non solo si ritrova il vero senso della povertà, ma soprattutto si impara a riconoscere i poveri, per lasciarsi evangelizzare da loro, per riscoprire la condivisione ed imparare a liberarci da ogni vincolo che impedisce di raggiungere la vera felicità e beatitudine, appoggiando la propria sicurezza su ciò che davvero conta (n. 4). Se si intende essere fedeli al Vangelo, allora appare evidente che Dio non lo si ritrova nei tempi e nei luoghi in cui noi abbiamo deciso di incontrarlo, ma là dove lui vuole rivelarsi e farsi riconoscere: “nella vita dei poveri, nella loro sofferenza e indigenza, nelle condizioni a volte disumane cui sono costretti a vivere”.
Il messaggio analizza come sempre alcune tematiche di attualità, perché la Chiesa intera si prepari a vivere l’evento della Giornata Mondiale con la consapevolezza propria di chi sa che quello della povertà è uno dei contenuti centrali del Vangelo, e che è quindi necessario incamminarsi lungo un percorso che non solo la Chiesa è chiamata a seguire in questo tratto di storia segnato ancora da forme di ingiustizia che diventano sempre più evidenti quanto più emergono le nuove espressioni di povertà.
È urgente quindi raccogliere le sfide della disoccupazione, dell’emarginazione, della mancanza di principi etici che crea condizioni disumane, dell’individualismo complice nel generare povertà, ma anche essere consapevoli di quelle povertà che appartengono ad un mondo economicamente più sviluppato: forme di rancore, di nervosismo costante e di angoscia, di rivendicazioni che portano alla paura e in alcuni casi alla violenza. “Anche queste – afferma il Papa – sono forme di povertà da cui non si può distogliere lo sguardo. […] L’assistenza immediata per andare incontro ai bisogni dei poveri non deve impedire di essere lungimiranti per attuare nuovi segni dell’amore e della carità cristiana, come risposta alle nuove povertà che l’umanità oggi sperimenta” (9).
Merita una particolare attenzione il riferimento fatto dal messaggio alla condizione femminile. Davanti ai fatti quotidiani di violenza nei confronti delle donne, non si può sottacere la condanna per questa barbarie che rende il mondo delle donne un teatro di autentica povertà. In maniera ancora più incomprensibile per una cultura che ha raggiunto le forme più mature dell’uguaglianza, si è obbligati a costatare espressioni di disuguaglianza e mancanza di dignità che feriscono oltre alle vittime l’intera società che talvolta appare rassegnata nel rinunciare alle conquiste ottenute faticosamente nel corso dei decenni.
A questo riguardo Papa Francesco scrive la donna anonima, protagonista del brano evangelico, destinata “a rappresentare l’intero universo femminile che nel corso dei secoli non avrà voce e subirà violenze, inaugura la significativa presenza di donne che prendono parte al momento culminante della vita di Cristo […] Le donne così spesso discriminate e tenute lontano dai posti di responsabilità, nelle pagine dei Vangeli sono invece protagoniste nella storia della rivelazione” (n. 1).
Dinanzi ai poveri non ci si può permettere alcuna “abitudine che diventa indiff erenza”; è necessario e urgente, piuttosto, lasciarsi “coinvolgere in una condivisione di vita che non ammette deleghe” (n. 3). Occorre un differente approccio alla povertà e ai poveri. “Se i poveri sono messi ai margini, come se fossero colpevoli della loro condizione, allora il concetto stesso di democrazia è messo in crisi e ogni politica sociale diventa fallimentare”. La povertà, insomma, non è un’idea astratta né i poveri sono frutto di fantasia; piuttosto la loro massiccia presenza nella società esige soluzioni frutto di una “progettualità creativa” che ci coinvolge tutti, perché “con grande umiltà dovremmo confessare che dinanzi ai poveri siamo spesso degli incompetenti” (n. 7).
Il diverso approccio ai poveri riguarda anche il tema della dignità e della reciprocità che nascono dalla consapevolezza che non si tratta di “persone ‘esterne’ alla comunità, ma fratelli e sorelle con cui condividere la sofferenza, per alleviare il loro disagio e l’emarginazione, perché venga restituita loro la dignità perduta e assicurata l’inclusione sociale necessaria” (3). Fare beneficenza talvolta rischia di umiliare chi la riceve, perché sottolinea l’asimmetria tra chi ha denaro, e quindi potere, e chi non ha né denaro né potere.
È decisivo pertanto “dare vita a processi di sviluppo in cui si valorizzano le capacità di tutti, perché la complementarità delle competenze e la diversità dei ruoli porti a una risorsa comune di partecipazione”. Il Papa ribadisce la sua idea di fondo: la cultura dell’incontro è la forma privilegiata per guardare al futuro in maniera efficace e carica di speranza costruttiva. “Ci sono molte povertà dei ‘ricchi’ che potrebbero essere curate dalla ricchezza dei ‘poveri’, se solo si incontrassero e conoscessero! Nessuno è così povero da non poter donare qualcosa di sé nella reciprocità” (n. 6).
Si tratta di recuperare i rapporti umani, di impegnarsi per restituire la dignità a chi rischia di perderla. È necessaria l’umiltà di riconoscerci anche noi poveri, perché solo così riusciremo a riconoscerli realmente e farli diventare parte della nostra vita e strumento di salvezza.