Santi, maestri di riconversione
Cosa ci insegna la beatificazione di Sandra Sabattini, giovane fidanzata.
di Laila Lucci, teologa, curatrice della biografia di Sandra Sabatini. Il testo è stato pubblicato sul settimanale della diocesi di Rimini Il Ponte.
Come essere?”, “cosa fare?” è il binomio di termini, spesso posti in alternativa quando si guarda la Chiesa nell’intento di correggerne la fisionomia. Uno degli oggetti privilegiati nel dibattito attuale fra le realtà ecclesiali più impegnate è proprio lo sforzo di cambiamento della Chiesa in termini di vita, di strutture e progetti pastorali. La comunità cristiana (in particolare l’aggregazione parrocchiale), che professa una fede talora povera di contenuti e ricca di pratiche un po’ logore, che esibisce un incerto cammino di comunione, che si lancia in molteplici attività (leggi “attivismo”) è ancora in grado di essere una proposta evangelica credibile e provocante in un mondo scristianizzato? Perché il tentativo di rinnovamento, pur se accompagnato dall’assistenza spirituale
di devozioni, è spesso incapace di essere forza generatrice di novità e di vita? “Chi rimane in me, e io in Lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla” (Gv 15,5) è parola certa; forse è andato perduto il contatto della progettazione umana con la sua Fonte vitale? Prima di elaborare ogni progetto pastorale sembra allora necessario operare una conversione, un ritorno alla propria Origine.
Un fascino particolare
I santi sono maestri di questa (ri)conversione. Come può essere che una ragazzina come Sandra Sabattini esercitasse, su chi veniva in contatto con lei, un fascino che spalancava le porte dell’infinito, che spingeva gli interlocutori verso un senso nuovo della vita, verso il gusto della libertà e della gioia? Quanti lontani da Dio l’avvicinavano, avvertivano in lei una “sorta di maternità spirituale”, un senso di pulizia interiore, delicatezza, semplicità, profondità di preghiera, che attiravano e contagiavano: vedevano non un Dio astratto, ma l’Amore reso concreto dal dono di sé.
Vivere nella fede
Non che Sandra fosse esente da situazioni difficili o cariche di sofferenza (si pensi, ad esempio, alla sua condivisione presso le comunità di recupero per tossicodipendenti), ma in esse viveva la certezza che tutto ciò che Dio permette è avvolto nel suo amore. Citando don Oreste Benzi scriveva: “Cos’è la fede…? … avere fiducia nel progettista del nostro esistere… credere all’amore che Dio ha per noi… non è credere a delle verità, ma ad una persona” (3.9.1982). Tutto, allora, diventava per lei occasione di crescita; anche lo scoprirsi piena di niente o constatare la propria nullità davanti alla grandezza di Dio si trasformava in motivo per fare un passo avanti verso la maturità nella lotta contro la sua presunta ipocrisia. (…)
Una santa fidanzata
Ciò che di Sandra aveva attirato Guido era l’idea di purezza che traspariva dalla sua persona, la profondità di pensiero e di sentire, la grande maturità nella fede, la gioia di vivere, il disprezzo per la mediocrità. Ai suoi occhi lei fungeva da traino nella maturazione della fede nella coppia. Sandra sentiva l’amore di coppia come l’altra faccia della vocazione ai poveri, del resto l’essere tutta per Dio era una convinzione che lei portava avanti con determinazione, senza distinzione tra vita spesa per gli altri e la vita di coppia: era un rapporto di libertà. Dieci mesi prima di morire scriveva: “Libe- ri… Liberi dalla carne, dalle cose materiali, dalle emozioni, dalle passioni: cioè vivere queste cose senza restarne imbrigliati, per aprirsi a Dio, al suo Amore, che è spazio infinito”. Questo modo di concepire la vita esercitava un fascino irresistibile, soprattutto in chi le era più vicino.
Il distacco
Con il passare del tempo sentiva allentarsi i legami con la “materialità” a partire dai suoi limiti e questo le dava un grande senso di libertà; anche la sua vita non le apparteneva più, perché era un dono del suo Creatore al quale andava restituita. Al termine della sua vita Sandra aveva raggiunto il culmine di quella povertà che faceva parte della sua vocazione, una povertà che andava oltre la condivisione della vita altrui. Chi ha conosciuto Sandra conferma in lei la tensione fra la gioia di vivere, il desiderio di lavorare al servizio degli uomini e il sogno di essere sciolta da ogni legame terreno per raggiungere la beata felicità del paradiso. La sua vita è la storia di un’anima che ha vissuto nella “memoria inconsapevole” di essere stata chiamata dall’eternità per realizzare il disegno pensato per lei; si è lasciata avvolgere dal Mistero che l’ha penetrata, ha suscitato in lei il volere e l’operare, l’ha condotta per le vie ordinarie di questo mondo seminando amore, sorriso, gioia, l’ha guidata a costruirsi quel bell’otre nuovo, dal quale un popolo sempre più numeroso attinge per sperimentare con lei “la sobria ebbrezza dello Spirito”.