Il Paradiso di Dante: “Oh ineffabile allegrezza!”. Intervista a Edoardo Barbieri
Mostra al Museo diocesano nel VII centenario della morte di Dante. Intervista al curatore, il professor Edoardo Barbieri dell’Università Cattolica.
di Virginia Panzani
Edoardo Barbieri. Ph Università Cattolica
E’ importante che l’opera dantesca sia resa accessibile e attraente non solo a studenti e studiosi, ma anche a tutti coloro che, ansiosi di rispondere alle domande interiori, desiderosi di realizzare in pienezza la propria esistenza, vogliono vivere il proprio itinerario di vita e di fede in maniera consapevole, accogliendo e vivendo con gratitudine il dono e l’impegno della libertà”.
Questa l’esortazione di Papa Francesco nella Lettera apostolica “Candor lucis aeternae” scritta in occasione del VII centenario della morte di Dante Alighieri. Un invito a cui risponde idealmente la mostra “ La gloria di colui che tutto move. La felicità nel Paradiso di Dante” che si terrà dal 30 ottobre al 14 novembre al Museo diocesano di Carpi per iniziativa della Diocesi di Carpi in sinergia con le associazioni culturali Gli Argonauti e Il Portico.
Un’esposizione che il professor Edoardo Barbieri, uno dei principali curatori, docente di Storia del libro e dell’editoria nonché di Bibliologia e Storia e forme della cultura scritta all’Università Cattolica di Brescia e Milano, presenta con questa intervista.
Professor Barbieri, nella scheda di presentazione della mostra si osserva come il Paradiso sia, delle tre Cantiche della Commedia, la più dimenticata. A mio modestissimo parere, forse il primato in questo senso spetta al Purgatorio, che, come non di rado si sente, viene giudicato, per così dire, inferiore all’Inferno e al Paradiso. Comunque, si può negare che quest’ultimo sia “più difficile” o forse “più ostico” dal punto di vista poetico stilistico e del contenuto teologico rispetto all’Inferno?
Ottima domanda. Certo non ci metteremo a fare una discussione su quale Cantica è meno nota o citata. Temo però che di tutte e tre, il Paradiso sia la più “antimoderna”, la più estranea alla cultura contemporanea – che invece si può compiamiei cere di storie efferate o di sensi di colpa e penitenze per una semplice constatazione, che traggo dalle parole di Folchetto da Marsiglia quando afferma: “Non però qui si pente, ma si ride/non de la colpa, ch’a mente non torna,/ ma del valor ch’ordinò e provide” (Par. IX, 1035).
Dopo una vita dissipata, rischiarata dalla “conversione” della maturità, il poeta Folchetto afferma che l’esistenza paradisiaca è un eterno riso, che neppure ricorda più gli errori del passato, piena com’è della contemplazione del disegno divino che ha portato alla salvezza, cioè della memoria della Grazia… continua a leggere.