Tutto è connesso
Sicurezza, salute e green pass.
di Luigi Lamma
Mentre da nord a sud continuano le proteste contro l’obbligo del green pass, la cronaca registra in Italia, nella sola giornata di venerdì 15 ottobre, altre tre vittime sul posto di lavoro, una di queste è un agricoltore di Cavezzo (e altre ancora nei giorni successivi). Una vera e propria strage che pare inarrestabile nonostante gli appelli delle istituzioni e le mobilitazioni dei sindacati. Si confida di poter arginare questa drammatica scia di dolore con i provvedimenti approvati dal Governo in materia di sicurezza e prevenzione degli infortuni. “Non si risparmia sulla vita dei lavoratori” ha dichiarato il premier Mario Draghi presentando le iniziative per potenziare i controlli e gli organici degli ispettorati del lavoro.
E’ evidente come “sicurezza e tutela della salute” sia un binomio inscindibile. Lo strumento del green pass si colloca in questo ambito, sicurezza e salute, lo si può contestare, non mancano le contraddizioni applicative, ma al momento, nei luoghi di lavoro, come negli altri punti di aggregazione, può aiutare a garantire l’una e l’altra. I toni sopra le righe delle proteste, in piazza e sui social, riflettono una preoccupante dose di irrazionalità. A che serve caricare questo strumento di significati ideologici (illiberale), con aggettivazioni decisamente fuori luogo (nazista), aggredire verbalmente, e non solo, i medici, i politici, i giornalisti, che anche a livello locale (a questo proposito piena solidarietà al collega Giovanni Balugani della Gazzetta di Modena e ai sanitari mirandolesi oggetto di vandalismi) sono impegnati a fare il loro lavoro?
Forse sfugge che la salute è sì un bene individuale ma è responsabilità delle istituzioni tutelarne la dimensione pubblica. Si pensi ad esempio ad un altro ambito della medicina, gli screening per la prevenzione dei tumori. Non sono obbligatori ma fortemente raccomandati in certe fasce di età: chi sceglie di non effettuarli danneggia sicuramente la propria salute e comunque nel caso si manifestasse la malattia dovrà ricorrere alle cure garantite dalla sanità pubblica anche a fronte di comportamenti individuali non virtuosi.
Nel caso del covid-19 però siamo di fronte ad una patologia ad elevata trasmissibilità tra le persone che quasi subito è stata catalogata come pandemia e come tale deve combattuta per assicurare prima di tutto il bene “salute pubblica”. Quindi prima il lock down, poi un graduale allentamento delle restrizioni, poi la disponibilità dei vaccini ed ora, grazie all’elevata percentuale di vaccinati, le azioni, come il green pass, per consentire la ripresa della vita sociale, per circoscrivere i contagi, tenere sotto controllo la diffusione del virus che, specie nei non vaccinati, continua ad avere conseguenze gravi non assimilabili a quelle di una comune influenza.
Se si dimentica questo legame tra scelta individuale e salute collettiva, se non si prende atto che “tutto è connesso”, come ci ricorda il tema della Settimana Sociale dei cattolici che si apre a Taranto questa settimana (21-24 ottobre) risulta difficile comprendere le ragioni prevalenti del “bene comune”. Tutto è sempre più connesso, nell’economia rispetto alla tutela dell’ambiente e alla dignità del lavoro che si declina anche con la sicurezza e la salute nelle aziende, con la conciliazione dei tempi vita-lavoro. Prendere atto di questa relazione di fraternità che ci lega l’uno agli altri, semplificato nel ben noto “siamo sulla stessa barca” è l’unica via per ristabilire ascolto tra le parti e una pace sociale che ci porti tutti, in salute, fuori dall’emergenza della pandemia. Perché questa è la vera battaglia da vincere che non ammette diserzioni e distrazioni.