Speranza non dà speranza
Il mese scorso il ministro della Salute Roberto Speranza ha auspicato la necessità e l’urgenza di una legge in materia di fine vita…e la legge 219? Ampiamente e più volte abbiamo scritto di questa legge che ha rinnovato l’approccio al fine vita, dando proprio la possibilità al paziente, a certe condizioni, di rifiutare cure che procrastinassero l’esistenza terrena.
Tutto questo ha già perso valore? Forse si, tant’è che il ministro se ne esce con un’altra espressione discutibilissima: “la Corte Costituzionale ha stabilito che una persona, qualora ricorrano i requisiti che il comitato etico competente deve verificare, ha il diritto di chiedere a una struttura pubblica del servizio sanitario l’assistenza al suicidio medicalmente assistito…il fine vita è naturalmente uno di quegli argomenti su cui si confronta un pluralismo insuperabile di punti di vista etici, culturali, teorici, religiosi…in assenza di una regolazione legislativa più generale della materia…la Consulta ha stabilito che una persona ha il diritto di chiedere a una struttura pubblica del servizio sanitario l’assistenza al suicidio medicalmente assistito… L’attesa e l’auspicio di una legge non possono perciò esimere tutti, quali che siano le diverse legittime posizioni su un tema così delicato, dal prendere atto che la sentenza della Consulta non può essere ignorata”.
In buona sostanza il ministro dice che esistono diversi punti di vista ma questi si devono rassegnare a ciò che si decide per tutti. Questo suscita una forte reazione contraria perché richiama una volontà di adattamento alla quale tutti devono sottomettersi adeguandosi alla decisione di pochi, rinunciando alla possibilità di argomentare diversamente. Occorre ricordare che si tratta della vita umana e non si può relegare il confronto a mera obbedienza. Inoltre, nell’attuale situazione italiana, ciò che viene richiesto è l’eutanasia e il ministro parla di “suicidio assistito” che, tecnicamente, è un’altra cosa.
Da una parte il referendum per introdurre l’eutanasia e dall’altra una promessa ministeriale per rendere fruibile a tutti la possibilità di uccidersi. L’equilibrio che si era raggiunto con la legge 219 viene scardinato dalla volontà mortifera del nostro ministro della salute e da importanti forze politiche. Questo è molto spiacevole e mette in risalto la volontà gretta e prepotente di volere a tutti i costi raggiungere certi obiettivi anche se le soluzioni che già esistono potrebbero assolvere egregiamente i legittimi desideri di ognuno senza scelte estreme e non condivisibili.