«Chi non è contro di noi è per noi»
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 26 Settembre 2021
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 9,38-43.45.47-48)
In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna.
Commento
Nel brano di oggi Gesù prende spunto da alcuni avvenimenti per impartire insegnamenti alla comunità dei discepoli durante il viaggio verso Gerusalemme. La prima questione è posta da Giovanni che ha una reazione piuttosto settaria, coerente col soprannome «figli del tuono» dato da Gesù in Mc 3,17 a lui e al fratello Giacomo. Qualcuno ha fatto un esorcismo nel nome di Gesù, pur non facendo parte del ristretto gruppo dei discepoli.
Si noti l’ironia del brano, che segue un episodio narrato nello stesso capitolo 9 di Marco (Mc 9,14-29 testo interessantissimo da leggere anche per il riferimento alla preghiera), in cui gli apostoli non sono riusciti a compiere un esorcismo e la gente va a lamentarsene con Gesù. Dunque, chi sarebbe autorizzato a farlo non riesce e chi invece non potrebbe ha successo. La mentalità dei discepoli, sempre molto umana, vorrebbe circoscrivere al loro gruppo la possibilità di fare miracoli nel nome di Gesù e, infatti, sono intervenuti per impedirlo. Gesù al contrario dimostra di essere molto libero e di non aver paura di riconoscere il bene anche quando non è sotto il suo controllo; non ritiene di dover avere il monopolio del bene. Chi agisce nel suo nome, cioè secondo il vero Spirito di Gesù, non ha bisogno di essere del gruppo.
La reazione di Gesù ci insegna che non dobbiamo assolutizzare la cerchia ristretta nella quale viviamo, con il suo stile e il suo linguaggio particolare. Anche noi dobbiamo avere la disponibilità e la sensibilità per accorger- ci della presenza del regno di Dio in qualunque forma si manifesti, andando oltre denominazioni e recinti; in particolare all’interno della Chiesa è una gioia scoprire che ovunque ci sono persone che prendono sul serio il vangelo.
La seconda parte del brano è unificata dal verbo scandalizzare, che qui signifi ca essere di ostacolo alla fede. La prima attenzione è a non ostacolare la fede dei piccoli, che in questo caso sono i convertiti che hanno una fede debole perché a uno stato iniziale. Si tratta di una bella attenzione pedagogica a non imporre pesi troppo grandi a chi ancora non può portarli; era una questione molto importante nella prima comunità cristiana dove le conversioni avvenivano numerose, ma bisognava poi lasciare alle persone il tempo di crescere. Chi aveva già accolto la radicalità del vangelo non doveva giudicare severamente chi era solo all’inizio.
Nei versetti che seguono, lo scandalo riguarda invece la vita personale. Gesù parla con frasi molto forti per dire che dobbiamo essere inflessibili nei confronti di ciò che nella nostra vita ci tiene lontano da Lui. Si tratta di una questione di vita o di morte. La mano, i piedi e gli occhi rappresentano desideri radicati in noi che, se assecondati, ci portano a comportamenti sbagliati e a peccati che, alla fine, spengono la fede. Si noti che per “gettare via” l’occhio si usa lo stesso verbo che indica il cacciare un demonio (ekballo). Una delle armi più potenti che abbiamo a disposizione nella nostra vita spirituale è la capacità di abbandonare ciò che ci fa male e non ci fa crescere. Possono essere comportamenti, abitudini, pigrizie, desideri, che sono per noi un punto debole e dei quali abbiamo varie volte sperimentato gli effetti nefasti.
Gesù vorrebbe che proprio su questi punti fossimo più intransigenti, perché sono quei nodi sui quali la nostra vita di fede si ferma, rallenta, va a sbattere. Certo è una battaglia difficile ma non siamo soli, il Signore non ci fa mancare la sua Grazia. Il discorso di Gesù continua con alcuni versetti, che non leggiamo questa domenica, che riportano tre detti sul sale piuttosto difficili da interpretare.
La chiave di lettura giusta potrebbe essere l’ultima preziosa istruzione per la comunità: «siate in pace gli uni con gli altri» (Mc 9,50). La traduzione più corretta sarebbe “abbiate sale in voi stessi e perciò siate in pace gli uni con gli altri”, dove “avere sale” signifi ca possedere la sapienza ma anche l’affabilità nelle relazioni e l’amicizia (tutti elementi nell’antichità connessi alla condivisione del sale).
Scandalizzare: la radice di questo verbo significa essere d’inciampo, far cadere. Nel Nuovo Testamento indica un’azione che porta a perdere la fede come nel brano di oggi o anche a rifiutare la fede come in Mc 6,3 in cui gli abitanti di Nazareth si scandalizzano di Gesù perché è loro concittadino e lo conoscono fin dall’infanzia.
Nel nome di Gesù: negli Atti degli Apostoli troviamo Pietro che compie miracoli nel nome di Gesù (At 3,6; 4,10; 9,34) e anche il caso di esorcisti ebrei che cercano invano di usare il nome di Gesù per cacciare demoni (At 19,13).