Missioni. L’importante è seminare
A fine agosto suor Silvia, oggi in servizio in San Francesco a Carpi, partirà per l’Albania dove vivrà in missione con le consorelle
Suor Silvia Panizzari
Suor Silvia Panizzari, appartenente alla congregazione delle Piccole Suore della Sacra Famiglia, in servizio presso la parrocchia di San Francesco d’Assisi a Carpi, nonché membro del Consiglio Missionario Diocesano, ha annunciato la sua partenza per l’Albania, come missionaria, alla fine del mese di agosto. Per questo ha accettato di rispondere a qualche domanda in merito all’esperienza che si appresta a vivere.
Suor Silvia, com’è nata la scelta di partire in missione?
Nella missione si incontrano sempre due dimensioni: quella della “chiamata” e quella della “scelta”. Sarei troppo orgogliosa se dicessi che “è stata solo volontà di Dio”! Di fronte alla necessità del mio Istituto di rispondere ad una urgenza, c’è stato anche il mio desiderio di rimettermi in gioco, di scegliere l’essenziale, di sperimentarmi nell’andare “a mani vuote” in una realtà “vicina” fisicamente, ma decisamente “lontana” e “diversa”.
Qual è la destinazione? Per quanto tempo?
Andrò a Sukth, in Albania, un villaggio a metà strada tra Tirana e Durazzo, in pianura, verso il mare. Noi lì ci occupiamo di pastorale parrocchiale e abbiamo un doposcuola. Inoltre collaboriamo con i padri Gesuiti di Tirana e dirigiamo nella capitale una Scuola Materna. Saremo in tre: una sorella albanese, una italiana e io. Si parte, per tutto il tempo che piacerà al Signore!
È la prima tua esperienza oppure sei già stata in missione in passato?
Non è la mia prima esperienza missionaria. Sono già stata in Argentina dal 2009 al 2012, a Mendoza, in una zona agricola con il 70% di immigrazione boliviana, e poi nella “gran Buenos Aires”. È stata una esperienza molto significativa, di inculturazione e scoperta degli aspetti belli ed evangelici di quella cultura. Mi ha convinta che evangelizzare è innanzitutto far emergere i “germi del Verbo” che ogni realtà e ogni persona portano in sé, non è impiantare qualcosa dall’esterno, e che ci vuole anche molta umiltà, perché comunque ti porti sempre dietro la tua cultura e il tuo modo di vedere le cose.