Consumo di suolo: quanto ci costa non agire
Pubblicato il report di Ispra. Isabella Colarusso, presidente Carpi Urban Center: “Liberare le zone degradate con la rigenerazione urbana”
di Alessandro Cattini
Fonte: Rapporto Ispra sul consumo di suolo in Italia
Il 14 luglio è stato pubblicato il report “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2021”, realizzato da Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Il documento presenta i dati relativi allo sfruttamento di una risorsa fondamentale nella lotta al cambiamento climatico: il suolo. Quest’ultimo, spiega il report, è “lo strato superiore della crosta terrestre, costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi, che rappresenta l’interfaccia tra terra, aria e acqua e che ospita gran parte della biosfera”. Inoltre, “visti i tempi estremamente lunghi di formazione del suolo, si può ritenere che esso sia una risorsa limitata sostanzialmente non rinnovabile” (p. 9).
Che cos’è il consumo di suolo?
Gli esperti definiscono il “suolo consumato” come una porzione di terreno sulla quale è stata posta una “copertura artificiale”. Tale consumo può essere permanente o reversibile. Esempi di consumo permanente sono tutti gli edifici, le strade pavimentate (asfaltate), le sedi ferroviarie, le discariche. Esempi di consumo reversibile sono invece le non pavimentate, i cantieri e le aree in terra battuta, gli impianti fotovoltaici a terra, le cave in falda.
“I dati del report sono sconcertanti” ha commentato Isabella Colarusso, architetto e presidente di Carpi Urban Center, associazione carpigiana che promuove lo sviluppo urbanistico sostenibile.
“Il 2030 è ormai molto vicino – ha ricordato. – Bisogna invertire la rotta con azioni forti e decise sul territorio e con un progetto sistemico di rigenerazione urbana a livello comunale. In molti quartieri ci sono zone in stato di abbandono da cui si potrebbe cominciare. Rigenerare il suolo, infatti, è possibile e doveroso. Si dovrebbe consentire maggiormente, per esempio, la demolizione di edifici oggetto di degrado per lasciar libere le superfici a verde, soprattutto nelle vicinanze del centro dove la densità edilizia è più elevata. È inoltre possibile incentivare la presenza di aree verdi nelle abitazioni private e sui tetti di case e capannoni industriali”.
Lo stato del suolo in Italia e in Emilia Romagna
Il report mostra che in Italia il suolo consumato copre il 7,1% della superficie nazionale, ben al di sopra della media europea (4,2%). Solo nell’ultimo anno il consumo di suolo netto (la differenza tra la superficie di nuovo suolo consumato e quella delle aree rigenerate) è stato di 51,7 km². È come se avessimo ricoperto la superficie di 7240 campi da calcio al ritmo di 2 m² al secondo. Pertanto, anche a causa del calo demografico, il suolo consumato pro capite si attesta sui 359 m² per abitante, 10 m² in più rispetto al 2015.
L’Emilia-Romagna supera la media italiana con l’8,9% di suolo consumato e guadagna il 4° posto nella classifica delle regioni, subito dietro a Campania, Veneto e Lombardia, che si trova in testa con il 12,1%. Fra tutte le province italiane, invece, la peggiore in termini percentuali è quella di Monza e Brianza, con il 40,6% di suolo provinciale consumastrade to. Modena e Reggio Emilia si attestano insieme al 20° posto della classifica delle 107 province, con l’11,1% ciascuna.
I dati di Carpi
Dal report si evincono anche alcune informazioni sul consumo di suolo a livello comunale. Attualmente l’Italia conta 7904 comuni. Carpi, che appartiene ai primi 100 più popolosi, si colloca fra i primi 1340 per suolo consumato con il 16,7% (circa 22 km² su 131,5 km²) della superficie totale. Ben lontano, da un lato, dal vertice della triste classifica, su cui svetta il comune di Casavatore (Napoli) con il 90,9%, ma sempre molto distante dai più virtuosi, che contano solo pochi decimi di percentuale… continua a leggere.