Ddl Zan. Ora c’è da scegliere
Stato laico e libertà educativa
di Luigi Lamma
L’auspicio è che il 13 luglio, con un sussulto di intelligente consapevolezza della propria funzione, la maggioranza dei Senatori abbia preso tempo per l’esame del ddl Zan. E’ evidente che più si approfondisce il dibattito e più si smascherano le finalità tendenziose di un testo che, come bene chiarisce il direttore Fasani a pag. 4, ha la presunzione di imporre per legge una visione antropologica di parte.
Indipendentemente dall’esito del dibattito e del voto parlamentare questa vicenda ha messo in evidenza diversi nodi critici nel rapporto tra etica e politica, tra tutela dei diritti e libertà di espressione, tra stato laico e libertà di educazione, dei quali purtroppo, si è smarrito il valore fondativo della stessa democrazia e l’impegno alla riflessione. Un “Ddl Zan” scritto sul palmo della mano e via, tutto si risolve come lo sventolio di una bandierina.
Uno dei motivi di maggiore preoccupazione espressi dai Vescovi italiani negli interventi ufficiali sul ddl Zan e nei giorni scorsi ribadito dal presidente cardinale Bassetti in un’intervista a Repubblica, riguarda proprio la libertà di educazione: “Questo discorso vale anche per la Giornata nazionale contro l’omofobia nelle scuole. Altrimenti c’è il rischio che, oltre all’istigazione all’odio, venga sanzionata la libera espressione di convincimenti etici e religiosi e sia inoltre messo in discussione il diritto umano universale dei genitori all’educazione dei figli secondo i propri convincimenti e a insegnare ciò che è bene e ciò che è male”.
In realtà è già nutrita la casistica, documentata dalle associazioni che più si sono opposte al ddl Zan, di progetti scolastici, nella fascia materna-elementare, promossi da gruppi Lgbt e approvati dagli organismi scolastici senza alcuna informazione e autorizzazione da parte delle famiglie. Anche a livello di scuole superiori del nostro territorio, come riportato dalle cronache locali, si sono tenute alcune iniziative a senso unico, dove temi relativi a “educazione all’identità sessuale nelle sue componenti di identità di genere e orientamento sessuale” sono stati affidati a esponenti Lgbt e presentati agli studenti senza alcun contradditorio. Se queste sono le premesse nel momento in cui tutto ciò sarà imposto per legge risulterà difficile poter avanzare la pur legittima richiesta di obiezione o di garanzia di pluralismo.
Da un punto di vista ecclesiale si può leggere come una provvidenziale provocazione che questa nuova emergenza educativa si manifesti proprio nel momento in cui le scuole cattoliche, ultimo presidio di libertà educativa con una visione antropologica cristiana, rischiano di chiudere i battenti una dopo l’altra, a causa del gelido inverno demografi co, confermato con prospettive allarmanti dai dati Istat diffusi nei giorni scorsi. Motivi di una seria riflessione non mancano, prima di tutto per i genitori chiamati a scegliere ora tra proposte educative che sempre più si riveleranno alternative e non con criteri di comodità/economicità che per una famiglia, al di là delle convinzioni, risultano pur sempre fattori determinanti di sostenibilità. Poi si apre il confronto e la necessità di una scelta di campo anche per la chiesa e la comunità ecclesiale.
E’ questo il momento di tirare i remi in barca, rassegnati davanti al calo degli iscritti e ai bilanci oppure si deve continuare ad investire sul valore costituzionale della libertà educativa (che Stato ed Enti locali dovrebbero riconoscere) e stimolare un salto di qualità nella gestione finanziaria delle scuole con criteri manageriali e sviluppando sinergie e servizi comuni? Anche questo pare un tema da mettere in agenda nel cammino sinodale con una certa urgenza, sempre che non sia troppo tardi.