«Prese a mandarli a due a due»
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 11 Luglio 2021
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 6,7-13)
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Commento
Nel Vangelo di questa domenica Gesù manda i dodici in missione. Troviamo lo stesso mandato anche in Matteo e Luca (Luca conosce anche l’invio dei settantadue discepoli in Lc 10,1-16) che però differiscono per alcune istruzioni su come viaggiare. I discepoli sono mandati a due a due, dunque non da soli. Questo particolare si può ricondurre alla norma processuale che per una testimonianza erano necessarie due persone ma forse ancora più sensatamente al fatto che la missione ha un aspetto comunitario, non si va da soli ma sempre come espressione di una comunità.
Prese a mandarli: il verbo apostello, che significa “mandare”, esprime l’idea di un’autorità delegata. I dodici agiscono per mandato di Gesù e con il suo stesso potere. In Mc 3,14-15 si dice che Gesù scelse i dodici perché stessero con lui e per mandarli.
Il testo specifica innanzitutto che gli apostoli ricevono il potere sugli spiriti impuri, cioè i missionari vanno con lo stesso compito di Gesù o meglio con la sua stessa forza e non con la loro. Poi si passa alla dotazione per il viaggio. Marco permette di portare un bastone, che invece Matteo e Luca esplicitamente proibiscono. Il bastone serviva per facilitare il cammino e per difendersi. Sono proibite le provviste di cibo e denaro, come anche due tuniche. Invece per il viaggio sono concessi i sandali (che gli altri evangelisti proibiscono). Le caratteristiche proprie di Marco sono il bastone e i sandali e, al di là delle spiegazioni tecniche, probabilmente la migliore lettura è di tipo simbolico. Bastone e sandali ricordano il modo in cui nel libro dell’Esodo il popolo si prepara a uscire dall’Egitto “con i fianchi cinti, i sandali ai piedi e il bastone in mano” (Es 12,11). Dunque per Marco la missione è prima di tutto l’avvento di una liberazione divina che comunica il nuovo esodo inaugurato da Gesù. Le altre indicazioni insistono sul fatto che l’annunciatore viaggia leggero, senza premunirsi di sicurezze, la sua stessa vita deve mostrare che lui per primo si fida di colui che annuncia.
Per il viaggio: letteralmente “per la via”, in greco hodos. In Marco il termine hodos indica la “via”, cioè lo stesso essere discepoli. Le istruzioni di Gesù dunque non servono solo per il viaggio, ma sono disposizioni necessarie a essere discepoli.
Poi si parla dell’accoglienza nelle case perché il missionario deve confidare nell’ospitalità di chi incontra, specialmente se già parte della comunità cristiana; tuttavia si prevede la possibilità che non ci sia ascolto e dunque che la missione non abbia successo. In questo caso gli annunciatori non devono insistere ma andare altrove scuotendo la polvere dei piedi, gesto che significa condanna e invito al pentimento.
Il brano termina con il resoconto che gli apostoli partirono per fare come Gesù aveva comandato e cioè per continuare esattamente la sua missione. In questo caso si specifica anche la predicazione della conversione oltre agli esorcismi e alle guarigioni. Interessante l’accenno all’unzione con olio dei malati. Nei Vangeli Gesù non usa mai olio e probabilmente quella di ungere i malati era una pratica dei primi cristiani, come testimonia la lettera di Giacomo (Gc 5,14-15). Colpisce in questo brano come gli apostoli sono mandati con la straordinaria potenza di Gesù contro il male ma contemporaneamente sono esplicitamente privati di ragionevoli mezzi per portare a termine la missione. Questo paradosso di una missione potente compiuta nella debolezza è tipicamente cristiano.
Olio: in greco elaion che significa in particolare olio d’oliva. L’olio era usato come farmaco, lo troviamo tra i rimedi nel racconto del buon samaritano (Lc 10,34). Nella lettera di Giacomo l’uso dell’olio accompagna la preghiera di guarigione sui malati (Gc 5,14-15).
Possiamo trarre da questo brano interessanti spunti per comprendere la missione della Chiesa e per rispondere alle domande d’identità che sempre la comunità cristiana si fa.
La Chiesa continua a essere una comunità di mandati ad annunciare il Regno di Dio, a invitare alla conversione, a sanare ciò che nel mondo ha bisogno di essere guarito. Rimane anche per noi il valore della povertà dei mezzi, non nel senso di un generico o nostalgico pauperismo, ma la consapevolezza che andiamo nella fiducia che chi salva è un Altro e che la forza non è la nostra. Siamo poveri prima di tutto perché non annunciamo noi stessi e il nostro apparato, il nostro mondo. Povertà è anche dare il giusto relativo valore a quella che potremmo chiamare una certa “scientificità” dell’annuncio: non ci sono programmazioni o strategie pastorali che ci salveranno, ma sempre e solo un’indeducibile e imprevedibile azione di Dio nella vita dell’uomo. La via della Chiesa sarà invece sempre quella di chi sa incontrare le ferite dell’umanità e versarvi olio che guarisce, consola e salva.