Epatite C, l’AOU di Modena centro premiato dalla Regione
Il progetto sull’epatite C del Policlinico, proposto dalla Gastroenterologia diretta dalla professoressa Erica Villa, finanziato con 350mila euro dal Bando 2020 del Programma di ricerca sanitaria finalizzata dell’Emilia-Romagna
Professoressa Erica Villa
L’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, con un progetto proposto dalla Gastroenterologia diretta dalla professoressa Erica Villa, è una delle sei realtà premiate dal Bando 2020 del Programma di ricerca sanitaria finalizzata dell’Emilia-Romagna (FIN-RER), approvato dalla Giunta. Il progetto modenese, con 350mila euro è il secondo per finanziamento tra quelli premiati.
I ricercatori modenesi studieranno i risultati sul medio e lungo termine nei pazienti in cui è stato eliminato il virus dell’epatite C in rapporto allo stadio di malattia al momento del trattamento. Modena coordinerà il progetto che vede coinvolti tutti i centri prescrittori della Regione al fine di valutare il risultato di oltre 18.000 soggetti trattati dal 2015 ad oggi. I risultati sono attesi entro il 2022.
“Questo riconoscimento – si complimenta il Direttore Generale Claudio Vagnini – dimostra ancora una volta l’elevato livello della ricerca scientifica nella nostra Azienda, che costituisce il naturale punto di incontro tra la ricerca clinica e la terapia, grazie alla costante collaborazione con UniMoRe e a una consolidata struttura aziendale che supporta i professionisti nella ricerca. Complimenti a tutti i nostri ricercatori”.
“Il nostro progetto – spiega la professoressa Erica Villa – parte dalla consapevolezza che oggi abbiamo a disposizione farmaci innovativi molto potenti per la lotta all’epatite C e che è necessario studiarne gli effetti a lungo termine. Il problema è molto rilevante perché sul trattamento dell’epatite C sono state investite, dal Sistema Sanitario Regionale, risorse finanziarie estremamente importanti e quindi l’esatta valutazione dell’impatto della terapia sulla storia naturale della malattia è di estremo interesse.
In aggiunta, in un’ottica di coerente politica sanitaria, nel momento in cui da più parti vengono proposte iniziative di screening di popolazione per identificare i soggetti HCV-positivi non noti, è obbligatorio sapere se i vantaggi della terapia con DAA (o i possibili svantaggi) sono distribuiti o meno uniformemente fra i soggetti trattati, in modo da indirizzare le risorse verso quella o quelle parti della popolazione HCV-positiva che ne può trarre maggiore vantaggio”.