Avviare un cammino sinodale
Prima parte dell'intervista al vescovo Erio Castellucci, al rientro dall’assemblea generale dei vescovi italiani con l’elezione a vicepresidente per il nord Italia
di Luigi Lamma
Penso si debba partire subito con questo distinguo su cui si è soffermato più volte il cardinale Bassetti: per la Chiesa italiana non si parla di sinodo ma di cammino sinodale. Dov’è la differenza, ci può aiutare a coglierla? Qual è stata realmente la richiesta del Papa?
Il Papa ha chiesto alla Chiesa italiana di ‘mettersi in sinodo’. Questo non significa realizzare subito un’assemblea con l’elezione di rappresentanti e delegati, con discussioni su temi specifici. Per noi significa soprattutto avviare un percorso o cammino sinodale, quello di cui ha parlato il cardinale Bassetti. Quindi si parte utilizzando la coincidenza temporale con il sinodo universale dei vescovi che si aprirà in ottobre che prevede proprio una lunga, almeno un anno, fase di consultazione capillare a livello planetario, in tutte le diocesi, le parrocchie, le associazioni, i movimenti ma anche gruppi professionali o legati a vissuti particolari.
Nessuno si dovrà sentire escluso dal partecipare alla consultazione del popolo di Dio attorno ai temi che stanno a cuore alle persone. Tenendo conto della pandemia perché questo è il terreno da cui si parte: le fragilità, le sofferenze e le speranze che sono state suscitate in questo lungo e drammatico periodo non ancora terminato. Dopo la fase di ascolto si arriverà solo tra tre o quattro anni ad una celebrazione vera e propria di un sinodo. Questo è quanto abbiamo condiviso con il Papa noi vescovi italiani, il sinodo sarà il punto finale di un cammino che durerà alcuni anni.