San Bernardino da Siena: parole e opere per dilatare l’amore di Gesù
L'omelia del vescovo Castellucci nella messa per il Patrono della Città e Diocesi di Carpi
Le opere compiute da Gesù sono davvero grandi. È soprattutto il Vangelo di Giovanni a richiamarle, almeno una trentina di volte. Non sono semplicemente i miracoli – o i “segni”, come li chiama l’evangelista – ma è l’intera attività di Gesù a costituire la sua grande opera, anzi la grande opera che il Padre conduce attraverso il Figlio. Come dice lui stesso, davanti alle polemiche dei giudei perché aveva guarito un infermo in giorno di sabato: “le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato” (Gv 5,36). L’opera di Gesù è dunque la sua vita e la sua missione: comprende lo stile, le parole, i gesti; comprende gli incontri, i segni miracolosi e la preghiera. Il culmine di questa immensa opera, quando finalmente potrà dire che tutto “è compiuto” (cf. Gv 19,30), è la morte di croce, che per Giovanni dà inizio alla Chiesa. È la croce gloriosa, il riscatto dell’amore sulla morte. Ecco la grande opera di Gesù, un amore pieno: le due braccia della croce, verticale e orizzontale, raccolgono le due dimensioni dell’amore, verso il Padre e verso l’uomo: questa è la grande opera del Figlio, il concentrato della sua vita. Una croce che è già risurrezione.
Chi potrebbe competere, in tutta la storia, con il curriculum della vita e delle opere di Gesù? Eppure nel Vangelo di oggi sembra che esistano dei concorrenti, anzi che lui stesso li abbia già dichiarati vincitori: “chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre”. Che cosa vuole dirci con questo paragone? In che senso i credenti in lui, i suoi seguaci, possono superarlo nella grandezza delle opere? Chi può, non dico eguagliare, ma anche solo avvicinarsi alla perfezione dell’amore vissuto da Gesù?
Mi sembra che una spiegazione sia questa: Gesù ha portato al culmine, al massimo livello possibile, la grande opera dell’amore. Ma i discepoli devono spanderla in tutto il mondo e in tutta la storia: e quest’opera è più grande, perché dona a tutti la forza dell’amore che si era concentrato nella persona di Gesù. Un amore partecipato è più grande di un amore solamente vissuto. Viene in mente l’inizio della prima lettera di Giovanni: quello che noi abbiamo udito, visto, contemplato e toccato, il Verbo della vita – cioè Cristo stesso – noi lo annunciamo anche a voi, “perché la nostra gioia sia piena” (cf. 1 Gv 1,1-4). Non dice: “perché la vostra gioia sia piena”, come sarebbe stato più logico, ma dice proprio: “perché la nostra gioia sia piena”. Si potrebbe chiedere a Giovanni: cosa mancava alla tua gioia e a quella degli altri apostoli? Voi avevate tutto, avevate udito, visto e toccato Gesù. E Giovanni risponderebbe: mancava ancora qualcosa: annunciarlo. La gioia dei discepoli non è piena se rimane chiusa tra loro e Gesù, non è piena se non diventa missione. Questa è l’opera più grande: l’annuncio, la testimonianza di Gesù; ed è un’opera gioiosa, perché essa stessa è un atto d’amore.
Pietro, come abbiamo sentito nella prima lettura, pur di compiere l’opera dell’annuncio di Gesù crocifisso e risorto, sfida le autorità giudaiche, i capi del popolo e gli anziani; e Paolo, le cui parole sono risuonate nella seconda lettura, arriva a dire: “guai a me se non annuncio il Vangelo!”. Bernardino da Siena, che oggi festeggiamo come nostro Patrono, ha seguito le orme degli apostoli, diventando uno dei più appassionati predicatori di tutti i tempi. Questi grandi apostoli e discepoli hanno mescolato le parole con le opere, dilatando l’opera di Gesù, l’amore, con la loro stessa vita. Carissimi Davide e Francesco, voi vi ponete sulla scia di questi discepoli; con l’accolitato, nuovo passo verso il presbiterato, esprimete la vostra intenzione di “seguire” Gesù. “Accolito” significa infatti “seguace”; e chi segue sta dietro, percorre le orme di colui che vuole seguire, pur sapendo che ne farà più grande l’opera. Come accoliti, servite l’eucaristia, il sacramento dell’amore, quella grande opera alla quale da oggi collaborate ancora più intensamente. La vostra gioia sia piena: fatevi annunciatori e testimoni di questo amore che non teme nemmeno la morte e il sepolcro. Tutto il resto lo sanno annunciare anche gli altri, e forse lo sanno annunciare meglio. La nostra grande opera, di cristiani e ministri del Signore, è spandere in tutte le lingue la grandezza del suo amore.
+ Erio Castellucci