Carcere, fine pena: cosa sarà di loro?
Il tema del “dopo”, nell’ottica della formazione e del lavoro. Questo il fulcro del convegno promosso da vari enti del territorio
di Maria Silvia Cabri
Ripartire dopo il carcere. Formazione e lavoro”. Questo il titolo del convegno che si è svolto lo scorso 14 aprile, promosso da varie associazioni del territorio, con il patrocinio anche dell’Arcidiocesi di Modena-Nonantola Consulta diocesana per la Cultura. Tra i vari enti coinvolti, l’organizzazione è stata affidata al Csi Modena, che dal 2003 svolge attività in carcere, come spiega Emanuela Carta, presidente del Csi Modena Come è nata l’idea del convegno sul carcere?
“Rete-studio-carcere” è un’iniziativa nata da un gruppo di persone e di associazioni legate al carcere che, dopo la rivolta dell’8 marzo 2020, ha sentito l’urgenza di trovarsi e organizzare incontri per parlare alla città, in chiave propositiva, della sua zona d’ombra, del suo “quartiere negato” a molti sconosciuto. Il convegno è stato organizzato anche sulla scia del successo riscontrato dal precedente incontro del 5 novembre 2020, “Dal Disagio al Riscatto”, che ha trattato testimonianze sulla condizione carceraria e sulle prospettive di reinserimento nella società e che ha suscitato molto interesse, sottolineando il bisogno di affrontare queste tematiche e portare alla luce argomenti troppo spesso emarginati.
Come lo avete impostato?
Sono stati organizzati tre gruppi di studio sui temi: osservatorio sulla condizione carceraria, diritti e doveri all’interno delle strutture detentive, opportunità lavorative fuori e dentro il carcere. Informarsi e discutere di alcuni aspetti topici quali la formazione, le attività, le revolto lazioni dei detenuti tra loro, dei reclusi con gli operatori delle strutture e con i propri familiari è stato il filo rosso degli incontri.