Dallo studio dei satelliti alla povertà francescana
Per Francesca Agresti la vita semplice, fraterna e di servizio realizza il sogno più profondo maturato in famiglia, nello scautismo, nello studio del creato
a cura di Luigi Lamma
Mi piace pensare allora a San Giuseppe, custode di Gesù e della Chiesa, come custode delle vocazioni”, scrive Papa Francesco nel messaggio per la Giornata mondiale per le vocazioni 2021. Così lo scorso 19 marzo, festa di San Giuseppe, ad Assisi, con una celebrazione molto intima alla presenza dei familiari e delle consorelle, Francesca Agresti, 31 anni, originaria di Faenza, ha emesso la prima professione solenne sotto la protezione di un “custode” molto speciale. Non è stato possibile incontrare Francesca ma la rete delle amicizie ci ha permesso di raggiungerla e di chiederle di condividere il racconto delle tappe decisive della sua vita: la famiglia, le esperienze giovanili, gli studi universitari, il lavoro… e la scelta di donarsi a Dio per sempre.
Francesca raccontaci un po’ della tua vita…
Sono cresciuta in una famiglia normale ma curiosa… Curiosa per un suo tratto caratteristico che fin da piccola la mia famiglia ha fatto crescere in me: un nonno ingegnere e una nonna laureata in matematica mi hanno suscitato la ricerca del senso profondo delle cose, il poter apprezzare il mondo in cui viviamo anche attraverso l’ordine scientifico in cui siamo immersi, indagabile e in parte conoscibile. Altro elemento curioso della mia famiglia è il lavoro del mio papà, che come allenatore di pallacanestro ha sempre stimolato in me il desiderio di superarmi nelle sfide e un’indole “giocherellona”, due elementi che hanno sempre trovato pieno sfogo nel percorso scout di cui ho fatto parte fin da piccola e che ha posto in me radici profonde rispetto al desiderio di una vita piena, avventurosa, felice, amata e amante.