“Povera e nuda, vai filosofia”
di Tommaso Cavazzuti
“Povera e nuda vai, Filosofia”. Questo famoso verso del Sonetto VII delle Rime del Petrarca è spesso citato, con tono di disprezzo, per dire quanto poco servano i ragionamenti astratti. A me fa venire in mente una domanda che mi è stata fatta e alla quale desidero rispondere. Perché – mi è stato chiesto – nei tuoi scritti cadi sempre in considerazioni filosofiche? Rispondo iniziando con altre domande: quando la tua automobile non va, dove la porti? Quando il tuo computer non funziona, da chi vai? Certamente, tutti concordano che si deve andare da chi ne conosce il funzionamento.
Soltanto chi conosce la natura di un oggetto, ne conosce il funzionamento e può cercare di aggiustarlo. Proprio in questo sta il valore della scienza. In questo tempo di pandemia, se ne è parlato molto e con ragione. Però, il pensiero moderno sembra fare un’eccezione, quando si tratta dell’uomo. Di fronte ai comportamenti morali e sociali non accettabili, si indicano cure e soluzioni senza fare nessun riferimento alla natura più profonda dell’uomo. Si ricorre appena a sociologi e a psicologi, come se la persona umana si riducesse ai rapporti sociali e a quel vissuto della psiche indotto dai tanti stimoli esterni.
Pico della Mirandola
Questo modo di pensare probabilmente è dovuto al fatto che l’uomo è ritenuto libero, quasi creatore di sé stesso; per cui al massimo può sbagliare per non saper assumere rapporti corretti e per il fatto di lasciarsi condizionare da stimoli negativi. Perché tutto vada bene, sarebbe sufficiente che l’individuo fosse sempre sé stesso, quello che lui vuole essere. In questo c’è una parte di verità.
Il nostro grande Pico Della Mirandola, nel suo Trattato sulla Dignità dell’uomo, tra l’altro scrive: “Dio creò l’uomo come opera di natura indefinita e postolo nel cuore del mondo così gli parlò: «Non ti ho dato, o Adamo, né un posto determinato, né un aspetto proprio, né alcuna prerogativa tua, perché quel posto, quell’aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto secondo il tuo voto e il tuo consiglio ottenga e conservi. (…). Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso, quasi libero e sovrano artefice, ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto»”.
Da Socrate alla “Fratelli tutti”
Non c’è dubbio che l’uomo deve essere il soggetto della propria realizzazione. Però, potrà esserlo soltanto rifacendosi al modello che è stato impresso in lui dal suo Creatore e usando i mezzi che sono adatti alla sua natura: l’intelligenza fatta per la ricerca della verità, la volontà fatta per il perseguimento del bene, la capacità creativa, ecc. L’uomo è libero, ma è anche un essere creato. L’uomo ha una natura che non è stato lui a darsi. La conoscenza di questa natura corrisponde all’idea che ne ha il suo Creatore, ed è indispensabile per comprendere le ragioni più profonde dei suoi comportamenti, sani o sbagliati. Questa conoscenza è quella che in filosofia chiamiamo la verità dell’uomo.
Quell’unica verità che interessava al padre della filosofia occidentale, Socrate, il cui motto era “uomo, conosci te stesso. Quella verità che da sempre è l’oggetto proprio della filosofia. Quella verità che la stessa teologia apprezza come “ancilla” indispensabile. Quella verità che anch’io vorrei indicare nei miei articoli e la ragione per cui cado sempre in considerazioni di ordine filosofico.
Papa Francesco, nella sua enciclica Fratelli tutti, nel numero 207, afferma il dovere che abbiamo di riconoscere la verità dell’uomo. Scrive “È possibile prestare attenzione alla verità, cercare la verità che risponde alla nostra realtà più profonda? (…). Affinché una società abbia futuro, è necessario che abbia maturato un sincero rispetto verso la verità della dignità umana, alla quale ci sottomettiamo. (…). È una verità irrinunciabile che riconosciamo con la ragione e accettiamo con la coscienza. (…). Questo implica accettare che l’intelligenza umana può andare oltre le convenienze del momento e cogliere alcune verità che non mutano, che erano verità prima di noi e lo saranno sempre. Indagando sulla natura umana, la ragione scopre valori che sono universali, perché da essa derivano”.