Impegno politico: vocazione da formare
Intervista ad Alberto Ratti, curatore del volume “Aprire percorsi. Per un impegno da giovani credenti in politica”
di Alessandro Cattini
Negli ultimi decenni la politica italiana è stata spesso infarcita di aspettative messianiche dalle varie sfumature, che hanno spinto il Paese a sognare «una soluzione prodigiosa» ai suoi molti problemi e «un uomo capace di compierla» (cfr Costa, “Governo Draghi: chimera o realtà?”, Aggiornamenti Sociali, Marzo 2021). Ma la crisi attuale sta svelando agli occhi dei più l’inadeguatezza di questa visione, che non sembra in grado di soddisfare le attese delle generazioni più giovani né di quelle future.
In consonanza con il declino della partecipazione e dell’interesse per la dimensione politica, anche le parrocchie e le diocesi paiono aver accantonato questo tema, divenuto con gli anni sempre più assente dagli itinerari di formazione nei contesti ecclesiali. Come rinnovare, dunque, l’impegno dei giovani cristiani in politica? Ne abbiamo parlato con Alberto Ratti, trentatreenne milanese trapiantato a Monza, giornalista e membro del Centro Studi dell’Azione Cattolica, già presidente nazionale della Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana) dal 2010 al 2012 e curatore insieme a don Walter Magnoni e Mario Picozzi del recente volume “Aprire percorsi. Per un impegno da giovani credenti in politica”, edito da In Dialogo (2020).
Alberto, come è nata l’idea di questo libro?
In realtà, quando a fine 2015 don Walter Magnoni, responsabile della pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Milano, ha coinvolto un eterogeneo gruppo di persone per ripensare il tema della formazione socio-politica insieme alla Fondazione Giuseppe Lazzati, il libro non era nei nostri pensieri o aspirazioni. Tutto è nato allora come una serie di incontri molto liberi.
Inizialmente si faceva brainstorming su che cosa fosse andato bene o meno negli anni della ripresa delle Scuole di formazione politica per giovani a Milano (2008-2015), con lo scopo di rilanciare il lavoro e l’impegno della Diocesi. Abbiamo poi cominciato a raccogliere le esperienze di altri contesti diocesani, pensando di fare tesoro di questi contributi per metterli a servizio della nostra Chiesa locale. Non avevamo fretta, ma volevamo iniziare un cammino, che alla fine è andato avanti alcuni anni, lasciandoci guidare soprattutto dagli ultimi documenti ecclesiali su questi temi. Fra questi Caritas in Veritate di Benedetto XVI; Evangelii Gaudium, Laudato Si’ e Fratelli Tutti di Papa Francesco.
La possibilità di pubblicare quanto emerso da questo cammino di discernimento è stata colta in corso d’opera come opportunità per offrire a tutta la Chiesa italiana spunti su come rifondare e riaggiornare la formazione all’impegno socio-politico, secondo un metodo di lavoro specifico.
Già il racconto della nascita di questo libro sembra esemplificare bene che cosa si intende con l’espressione “Aprire percorsi”. È questo il metodo cui ti riferisci?
Sì, il titolo del volume echeggia volutamente quel “innescare processi più che occupare spazi” di cui parla Papa Francesco. È quello che abbiamo provato a fare insieme con la Fondazione Lazzati. Crediamo infatti che oggi la formazione politica richieda un lavoro a lunga scadenza, senza l’osconfrontarsi sessione dei risultati e dei numeri, che spesso rischiano di deprimerci. È necessario lasciare spazio alla creazione di nuove soluzioni, senza predeterminare l’esito dei percorsi.
In tal modo possono emergere iniziative davvero aderenti ai bisogni formativi delle persone, non calate dall’alto com’era spesso in passato. Non dovremmo tanto parlare dei giovani quindi, ma coinvolgerli direttamente per dar loro la parola, senza paternalismi, per incontrarsi e sulle questioni che toccano la vita delle persone. La cosa fondamentale è partire dall’esistente. Per farlo, bisogna procedere secondo il metodo induttivo, riassumibile con lo slogan “vedere, giudicare, agire” che riflette lo stile del Concilio Vaticano II.
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