“Dottore, che sintomi ha la felicità?”
Il Report sulla felicità mondiale dell’Onu racconta una generazione di giovani messi fortemente alla prova dalla pandemia
Il 20 marzo, equinozio di primavera, il Sustainable Development Solutions Network ha pubblicato come ogni anno dal 2012 il World Happiness Report, ovvero il report sui dati relativi alla felicità delle persone di tutto il mondo per l’anno 2020, voluto dalle Nazioni Unite. Nonostante si possa legittimamente storcere il naso all’idea che la felicità sia misurabile con i numeri, è opportuno riconoscere a questo studio il pregio di offrire una dettagliata panoramica su quelle che sono di certo le condizioni basilari per favorire una vita felice.
Italia 28° su 149 Paesi
Il benessere soggettivo viene misurato dai ricercatori a partire da tre elementi: la soddisfazione per la propria vita personale (calcolata mediante autovalutazioni effettuate con il sistema della scala Cantril, cioè attribuendo alla propria vita un punteggio che va da 0, la peggior vita possibile, a 10, la migliore possibile), la frequenza di emozioni positive e quella di emozioni negative, tutte raccolte attraverso migliaia di sondaggi elaborati dalla società di servizi e consulenza Gallup. In particolare, le analisi di sei parametri chiave vengono integrate con i dati dei sondaggi per spiegare le oscillazioni della soddisfazione delle persone tra un Paese e l’altro: il Pil procapite, il supporto sociale, l’aspettativa di vita in salute, la libertà di fare le proprie scelte di vita, la generosità delle persone e la percezione della corruzione. Ciascuno di questi viene misurato secondo complessi criteri che qui non riporteremo, ma si può affermare che a fronte di queste variabili il report ha mostrato un’Italia notevolmente resiliente alla pandemia. Nella classifica stilata sulla base dei dati del triennio 2018-2020, infatti, il nostro Paese si posiziona 28° su 149, salendo di due posizioni rispetto al triennio 2017-2019.
Nessuna novità sul fronte dei primi in classifica che restano i Paesi scandinavi, Finlandia in testa, in ragione dell’altissimo senso di fiducia nelle istituzioni e nei propri concittadini tipico delle società nordiche, come ben evidenziava il Report dell’anno scorso.
Fatta questa premessa, si potrebbero condurre infinite analisi sugli spunti offerti da questo report nelle sue oltre 200 pagine, suddivise in 8 capitoli. Ci soffermiamo perciò solo su alcuni dati specifici su cui il documento stesso indugia a lungo: quelli relativi all’impatto che la pandemia sta avendo sulle giovani generazioni.